Di Pietro si rimette la toga per tormentare il Cavaliere

Di Pietro si rimette la toga per tormentare il Cavaliere

Sono passati quasi vent'anni e le ammaccature non si contano. Ma da qualche parte bisogna pur ripartire e Antonio Di Pietro prova a rilanciare un'immagine ridotta al lumicino. Così si rimette la toga, che si era sfilato fra pianti, amnesie e misteri nel dicembre '94, e la orienta ai venti dell'antiberlusconismo. Di Pietro, avvocato e non più pm, rappresenta ciò che resta del suo partito, l'Italia dei valori, al processo napoletano per la compravendita dei senatori del governo Prodi. Insomma, gira e rigira, riprende la requisitoria mai interrotta contro il Cavaliere e tenta di recuperare la visibilità e la popolarità perdute. È il passato glorioso che sorregge il presente gramo, il curriculum importante da spolverare per correre verso il futuro e lui esibisce le citazioni giuste: «Rimetto la toga dopo Mani pulite, sto per la prima volta dall'altra parte come difensore di parte civile. Ed è anche il primo processo come parte civile. Mi piacciono le prime, è come ai tempi di Tangentopoli».
E l'ouverture è tutta per lui. Il dibattimento, che vede come imputati Silvio Berlusconi e l'ex direttore dell'Avanti Valter Lavitola, è alle battute iniziali e l'udienza serve solo per smistare la pratica ad un altro collegio. Ma Di Pietro non si lascia sfuggire l'occasione, i flash, i taccuini dei giornalisti e morde inseguendo la claque del tempo che fu. C'è un problema di notifiche e Niccolò Ghedini, il legale storico del Cavaliere, fa il suo mestiere. Di Pietro si sporge in avanti e va all'attacco: «Cercano di far passare il tempo con l'obiettivo della prescrizione. L'ultima trovata è che la notifica sarebbe non corretta perché arrivata in luogo sconosciuto a lui, Arcore, a persone sconosciute. La smettesse di prenderci in giro, sono le solite eccezioni preliminari che fanno solo perdere tempo. Fino a un certo punto può prendere in giro la giustizia».
Ma sì, una palata di antiberlusconismo militante per risollevare una reputazione in caduta libera dopo Report e le inchieste di Milena Gabanelli. Nell'ormai lontano 1994, Di Pietro aveva lasciato il Pool, fra polemiche e ispezioni segrete, proprio quando l'indagine era arrivata a Berlusconi; ora, provando a congiungere due stagioni tanto lontane, l'ex pm colpisce duro: «Porterò all'attenzione della corte valigiate di documenti indicando testi essenziali per dimostrare che questo reato di porcata si è fatto».
Lo show prosegue senza soluzione di continuità, dentro l'aula e poi fuori. Ritorna pure il dipietrese, meno ingarbugliato del solito: «Qui c'è addirittura un eccesso di notifiche. Lo sanno pure le pietre che Berlusconi ha una dimora ad Arcore». Scintille. Ghedini contro Di Pietro. Un altro celebre pm, Henry John Woodcock, osserva e naturalmente si schiera con l'ex collega. La corte entra in camera di consiglio e dopo 45 minuti dà torto al legale del Cavaliere: Berlusconi viene dichiarato contumace. Ghedini para il colpo: «Oggi non doveva essere dichiarata la contumacia, doveva essere solo un'udienza di rinvio a domani, tra l'altro con un tempo brevissimo e inusuale per il tribunale di Napoli».
Tattica. Punture di spillo. «Ma Berlusconi - rassicura Ghedini - sarà presente quando sarà necessario. Contiamo nell'assoluzione e nell'assoluzione in un tempo ragionevole».
Di Pietro replica con una dichiarazione incendiaria, bagnata però nel sentimentalismo: «Non ho mai tolto la toga dal mio cuore, oggi l'ho indossata per difendere le istituzioni e tutti i cittadini che hanno visto il loro voto venduto, come si fa fra criminali».
Politica e giustizia.

Sotto i flash. E c'è già chi mette in agenda il futuribile match dei match: Di Pietro versus il Cavaliere. L'incontro che non si svolse il 13 dicembre '94 perché Tonino si era appena dimesso. Chissà se i due si ritroveranno in aula.

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