Le storie hanno tutte un inizio ma poi non è sempre quello che ti aspetti. Derek Forsyth ad esempio, l'Ideatore, guardando 50 anni indietro, non si sarebbe mai aspettato un giorno di festeggiare la sua creatura in un galà con 800 invitati sotto i 7 Palazzi celesti di Anselm Kiefer all'Hangar Bicocca di Milano: «A Londra avevamo pensato allora di fare pubblicità al marchio con un po' di belle ragazze. Diciamolo: tutto questo è nato come calendario per i garage». Ovvero il Pirelli Cal, oggi un mito. Di bellezza sempre, ma molto di glamour: «E l'idea vincente è quando abbiamo cominciato a regalarlo ai Vip».
Come adesso, quando la storia improvvisamente svolta ancora tirando fuori dal cappello magico della vita qualcosa di mai visto: un calendario firmato da Helmut Newton. Qualcosa di sorprendente, come tradizione di casa Pirelli, ma soprattutto la fine di un mistero, ventotto anni dopo, in occasione appunto di un traguardo così importante. «Ci voleva un'occasione speciale per fare di quel calendario un Cal - ha detto Marco Tronchetti Provera -. E allora mai come i 50 anni di un mito potevano essere il momento. Tra l'altro, se guardate, i giorni del 1986 e del 2014 coincidono perfettamente...».
Applausi, insomma, anche perché la vista di quegli scatti fanno un po' cadere l'ipotesi che dietro quell'improvviso cambiamento di programma ci fosse una sorta di censura: le ragazze sono tutte vestite, l'effetto neorealismo non lascia spazio a equivoci. Ci fu, spiegano oggi, semplicemente un problema tra il management di Londra - che allora gestiva il Cal - con quello di Milano: là affidarono l'opera al fotografo americano Bert Stern, qui a Newton. Il quale ebbe anche problemi personali e lasciò a un certo punto il set nel Chianti a Manuela Pavesi, con istruzioni scritte e accurate: «Le ho rilette qualche giorno fa - dice lei -: erano proprio precise...». Alla fine però vinse il progetto di Stern e Newton fini in archivio, fino ad oggi: «Diciamo che fu un incidente interno - chiude Tronchetti - che è diventato un tesoro per l'azienda».
Il fatto è che questo tesoro spiega bene la storia della nostra società vista attraverso i corpi delle donne: «Se notate le modelle indossano scarpe che sono tornate di moda oggi». E soprattutto racconta alla perfezione il cammino di un oggetto di culto che ha anticipato le mode negli Anni Sessanta e Settanta e che ha poi inventato dopo il 1994 l'immagine delle SuperTop con un calendario intitolato «In onore delle donne» che metteva in fila Kate Moss, Cindy Crawford ed Helena Christensen. In pratica: dalla prima edizione di Robert Freeman - il fotografo dei Beatles - a quella dello scorso anno nella favelas di Rio con Steve McCurry, passando per le spiagge della California, la rivoluzione sessuale, qualche esagerazione, un po' di sano erotismo. Fino al salto indietro nel tempo di 28 anni fatto adesso, raccontato con un video, un'edizione celebrativa firmata da Peter Lindbergh e Patrick Demarchelier con sei modelle sei in tutta la loro bellezza (la Christensen, Alessandra Ambrosio, Karolìna Kurkova, Alek Wek, Isabeli Fontana e Miranda Kerr) e una bellissima mostra all'Hangar Bicocca che resterà aperta nel weekend come fiocco in più sulla grande festa.
D'altro canto il Cal è rimasto fedele a se stesso anche se il il mondo è cambiato, come racconta uno dei suoi artisti della prima ora, ovvero Harri Peccinotti: «Nella mia edizione del 1969 c'era la foto di una ragazza a cui spuntava un capezzolo, in un altra c'era un bikini a triangolo nero che si prestava a interpretazioni, almeno allora, maliziose. Per evitare problemi le foto furono ritoccate: oggi la bellezza delle donne è la stessa, ma è cambiato il modo di vederle». E così, se Steve McCurry rivendica la palma del calendario più trasgressivo di tutti i 50 anni («Il mio a Rio non ha né spiagge né nudi», buttà lì divertito), Tronchetti Provera ammette che sì, c'è stato chi ha esagerato un po': «È successo una volta, abboamo dovuto rischiare.
E riguardando le foto inedite di Helmut Newton questa storia ha sicuramente un futuro.
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