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"Pirelli deve restare una big italiana"

Il vicepresidente del Senato: "Avevo avvertito Tronchetti. Ok al Golden power"

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Io l'esistenza di questo rischio cinese per Pirelli l'avevo fatto presente otto anni fa, ospite di Porro in una puntata di Virus, pochi giorni dopo la firma dell'accordo tra Camfin e Cnrc. Tronchetti mi rispose che non era così, che avrebbero mantenuto il controllo dell'azienda. Ma è finita come dicevo io». Il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri dice la sua sul caso Pirelli, sull'eventuale rinnovo del Memorandum sulla Belt and Road Initiative e sugli interessi cinesi nel nostro Paese. Quanto al caso Pirelli, e al rischio che il socio cinese del colosso italiano degli pneumatici non si accontenti più di avere la maggioranza e la presidenza dell'azienda ma, scaduto il patto che assegnava alla Camfin di Tronchetti Provera il diritto di indicare il ceo, voglia scegliere in futuro l'amministratore che succederà a Giorgio Bruno completando la cinesizzazione di Pirelli, ricorda di aver sollevato il problema in una puntata di Virus a marzo 2015. «Dissi chiaramente spiega Gasparri che c'era il rischio di una perdita di controllo, una cessione di un settore strategico, sia per il prodotto in sé, e basti pensare alla Formula 1, tra gli eventi economici più importanti del pianeta, sia perché dentro al Gruppo Pirelli ci sono anche cose di valore strategico. Insomma, io ponevo degli interrogativi, ed ero preoccupato già allora per la perdita di sovranità in un settore importante».

Preoccupazioni che non sono tramontate.

«No, infatti. Ovviamente sono liberale, e quindi penso che Tronchetti, manager bravissimo e stimato, sia libero di fare quello che vuole della sua azienda, considerando che è privata. Ma non sono favorevole alla svendita del Paese, e auspico che Pirelli resti italiana. Sul dibattito di quella sera, ci tengo a dire che in risposta alle mie domande Tronchetti negò che ci potesse essere un progressivo scivolamento verso il controllo cinese, e anzi mi bacchettò e redarguì. Ma già allora si profilavano degli accordi a tempo. E quello che sta accadendo ora è esattamente quello per cui ero preoccupato. I fatti mi hanno dato ragione».

Pensa che l'esecutivo debba pensare al Golden Power per risolvere questa vicenda?

«Ci sono delle regole da rispettare per farlo. Ma certo, poiché come ho detto ritengo che la Pirelli sia un patrimonio italiano, Io invito il governo a valutare se ci sono gli estremi, e se ci fossero si applichi il Golden Power. Se il governo può fare qualcosa, lo faccia».

Tra un annetto ci sarà anche da discutere il rinnovo del Memorandum sulla Via della Seta

«Altro tema che mi preoccupava per la perdita di sovranità. A proposito, che fine ha fatto quel sottosegretario leghista così attivo in Cina, grande fautore dell'accordo con Pechino, Michele Geraci? Il mio parere è che la Via della Seta vada incartata e buttata nel bidone. La Via della Seta è la via della schiavitù. Va bene per persone come Di Maio e Conte, che hanno svenduto gli interessi della patria ai cinesi. Quell'accordo è una svendita progressiva che i grillini hanno portato avanti. E siccome io sono un difensore degli interessi europei e italiani, dico che va cancellato.

A proposito bis: mandare Di Maio a rappresentare l'Europa nel Golfo, uno che si è inginocchiato davanti a Ping, che non sapeva nemmeno si chiamasse Xi Jinping, ne vogliamo parlare?».

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