Le elezioni scalzano il Festival di Sanremo. Non è ancora sicuro, ma ci sono buone probabilità. In Viale Mazzini qualcuno parla di uno spostamento possibile al 50 per cento per far posto alle tribune politiche. Qualcun altro ritiene che le probabilità di slittamento a marzo siano maggiori. Lo si saprà tra pochi giorni. Tutto dipenderà dal calendario della politica. «Cerchiamo prima di capire quando saranno fissate le elezioni», ha detto ieri il direttore generale della Rai Luigi Gubuitosi. Secondo i calcoli del ministro dell'Interno Annamaria Cancellieri, le date più probabili dei suffragi dovrebbero essere il 17 o il 24 febbraio. Giusto a ridosso del Festivalone della canzone, previsto su Raiuno a Sanremo e in tutti i divani d'Italia dal 12 al 16 febbraio.
In quanto concessionaria del servizio pubblico, la Rai deve assolvere a degli obblighi normativi definiti dalla commissione parlamentare di Vigilanza. «Chiaramente diventa difficile competere con noi stessi», ha sottolineato ancora Gubitosi. Ovvero: come si potrebbero mandare in onda i faccia a faccia tra i leader politici se la rete ammiraglia è occupata dall'evento dell'Ariston? Oppure: quali sono i candidati che accetterebbero di esporre i programmi di governo su Raidue o Raitre mentre su Raiuno Fabio Fazio ospita Paul McCartney o Penelope Cruz? E Bruno Vespa? Ve le immaginate delle elezioni senza che Porta a Porta ospiti Bersani e Berlusconi o Mannheimer snoccioli i suoi sondaggi? Infine, non ultimo dei problemi, come la mettiamo con la par condicio? Se Fazio avesse previsto dei comici, da Paolo e Luca a Albanese, non sarebbe tollerato il benché minimo accenno di satira.
Non si può mai stare tranquilli. Da quando nel '51, pochi anni dopo la nascita della Repubblica, cominciò ad andare in onda alla radio, il Festival di Sanremo è sempre stato uno dei pochi punti fermi della nostra povera Italietta. L'evento collettivo. La liturgia interclassista e inter-generazionale per eccellenza. Ma le prossime sembrano elezioni fatte apposta per smantellare anche le ultime certezze residue. Già si andrà a votare col cappotto. Magari sotto la neve. Le stagioni - e le elezioni - non sono più quelle di una volta.
Ma così è se vi pare. Probabilmente, la legge di stabilità verrà approvata prima della pausa natalizia (in Parlamento nessuno ha intenzione di rovinarsi le festività). Subito dopo Monti si recherà da Napolitano per rassegnare le dimissioni. Sciolte le Camere, il Consiglio dei ministri emanerà il decreto per l'indizione dei comizi elettorali da tenersi in un arco compreso tra 45 e 70 giorni. Ed eccoci a metà febbraio. In Rai si susseguono riunioni, calendario e calcolatrici alla mano. Anche perché ormai molti contratti con ospiti, case discografiche e alberghi sono già stati stipulati. Chi pagherebbe le penali nel caso si dovessero rescindere? Insomma, il rebus non è di facile soluzione.
Il primo a suggerire l'ipotesi del rinvio è stato il consigliere Pdl Antonio Verro: «Da un lato c'è il rischio di non offrire ai cittadini adeguata informazione in campagna elettorale. E dall'altro di condizionare troppo il più importante spettacolo della televisione italiana». Di opinione opposta Beppe Giulietti portavoce di Articolo 21, secondo il quale l'eventuale spostamento è perché in Rai «ci sono consiglieri e dirigenti che hanno di nuovo preso di mira Fabio Fazio e Luciana Littizzetto». In realtà, anche se c'è chi ritiene che un Festival in regime di par condicio si trasformerebbe in una partita a shangai, il nuovo direttore di Raiuno Giancarlo Leone sostiene che «l'unico problema che non ci preoccupa è l'affidabilità della conduzione di Fazio e Littizzetto». Sarà. Ma forse un po' di realismo gioverebbe.
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