Interni

"Portiamo il governo in tribunale". L'ennesima lagna delle Ong per i porti

L'assegnazione di Ravenna come porto di sbarco non piace alla Ong di Humanity 1 che insieme a Sea Eye vuole denunciare l'Italia

"Portiamo il governo in tribunale". L'ennesima lagna delle Ong per i porti
Tabella dei contenuti

L'accettazione delle regole non sembra essere parte del Dna delle Ong, che proseguono imperterrite nella loro guerra contro l'Italia per i migranti, appoggiate dall'ideologia della sinistra del nostro Paese che ha perso ogni carattere di pragmatismo. Non riconoscendo la sovranità italiana, infatti, le organizzazioni non governative vorrebbero operare senza sottostare alle leggi specifiche del Paese e accusano l'Italia di violare il diritto internazionale, che viene interpretato dalle Ong come un lasciapassare per ogni loro desiderio. In questo contesto si inserisce l'annuncio da parte di due organizzazioni di voler portare il governo in tribunale a Roma.

La finta leva umanitaria

Tutto nasce nelle ultime ore dopo l'assegnazione del porto di Ravenna alla nave Humanity 1 con 69 migranti a bordo, recuperati poco al di là delle acque libiche. Da subito, da parte della Ong, è scattato il solito meccanismo che dipinge i migranti come sopravvissuti e naufraghi, nonostante si tratti di persone che scelgono volontariamente di salire a bordo di queste imbarcazioni, consapevoli dei rischi e, soprattutto, della presenza delle navi Ong pronte a recuperarli. "Nessuna delle persone a bordo indossava giubbotti di salvataggio e il carburante a bordo era esaurito. Forti venti e onde alte oltre 2 metri hanno reso le operazioni di soccorso particolarmente impegnative. I sopravvissuti sono esausti, molti erano disidratati e una persona era priva di sensi al momento del salvataggio, ma le loro condizioni sono ora state stabilizzate", hanno comunicato subito dopo l'intervento.

Bandiera battente e acque Sar: la confusione delle Ong

La Humanity 1 batte bandiera tedesca ma da parte della Germania, che rappresenta il primo vero Paese di sbarco di queste persone, visto che ha deciso di prestare il proprio vessillo a questa imbarcazione, non c'è stata nessuna indicazione di volontà per la presa in carico. Come al solito, quindi, secondo lo schema che prevede l'Italia come unico porto di sbarco nel Mediterraneo, la nave ha fatto richiesta al Mrcc di Roma che, in coordinamento con le autorità, ha assegnato il porto romagnolo, nel pieno recinto delle norme, essendo Ravenna un porto sicuro.

Da qui, l'ennesima lagna delle Ong: "Questa pratica contraddice il diritto marittimo internazionale, quindi insieme a Sea Eye stiamo portando il governo italiano in tribunale a Roma, per dimostrare che questa 'politica dei porti lontani' è illegale". Dalla Ong della nave Humanity 1, poi, proseguono: "Una scelta priva di senso di umanità per le persone esauste, con mal di mare e ipotermia, costrette a compiere oltre 1.600 chilometri. Ciò crea un rischio inutile per i sopravvissuti e tiene le navi lontane dalla regione Sar per molti giorni".

Alle Ong non viene in alcun modo fatto obbligo di stazionamento in acque Sar, visto che si tratta di zone a coordinamento nazionale e nessuna di queste è di competenza della Germania, di cui battono bandiera. Quindi l'Italia non ha alcun obbligo in tal senso nei confronti di queste navi, avendo già i suoi assetti coordinati con l'Europa nell'ambito della missione Frontex. Inoltre, l'Italia non è il solo punto di sbarco e non sempre è quello vicino. Inoltre, avendo toccato "terra" nel momento in cui salgono sulla nave, che con la bandiera diventa estensione territoriale di quello Stato, decadono gran parte delle rimostranze mosse dalle Ong.

L'interpretazione soggettiva del diritto

Cercano di fare leva sulla questione umanitaria parlando di "mal di mare" ma quelle navi sono attrezzate per ogni genere di lieve disagio di questo tipo. E persone che si mettono volontariamente a bordo di un gommone sovraffollato sono probabilmente in grado di affrontare una traversata di alcuni giorni a bordo di un assetto sicuro come queste navi. Ma l'obiettivo delle Ong è sempre lo stesso: sbarcare in Sicilia. Questa sembra essere l'unica preoccupazione, non arrivare in un porto sicuro: "La lunga navigazione verso Ravenna, nonostante altri porti siano molto più vicini, rischia di peggiorare le condizioni dei già vulnerabili sopravvissuti".

La Ong accusa l'Italia di non garantire la sicurezza della navigazione ma nel Mediterraneo, in particolare nel mar Tirreno, le condizioni meteo-marine sotto costa non sono proibitive per imbarcazioni della stazza della Humanity 1. Si appellano al diritto marittimo che stabilisce che un luogo sicuro dovrebbe essere assegnato "con una deviazione minima dal viaggio della nave", ma qual è la rotta di queste navi? Quel passaggio è dedicato alle navi che, durante la navigazione dal punto A al punto B, incrociano sulla loro rotta un'imbarcazione in difficoltà. In quel caso sussiste il principio della minima deviazione.

Ma le navi delle Ong si mettono in mare senza alcuna rotta prestabilita, navigano alla ricerca dei barchini e non hanno un "punto B" da raggiungere, quindi non può sussistere tale regola.

Commenti