Politica

Il caso Grande Stevens e il "no" dell'Europa alla doppia sanzione

La sentenza della Corte europea dei diritti umani è arrivata e ha esteso il principio giuridico del "ne bis in idem"

La sentenza della Corte europea dei diritti umani sul caso Grande Stevens, citata dal professor Franco Coppi durante la sua arringa in Cassazione, è arrivata lo scorso 4 marzo. E ha esteso il principio giuridico del «ne bis in idem» (quello cioè che prevede che non si possa essere condannati due volte per lo stesso fatto), sinora limitato alle sanzioni penali, anche alle pene amministrative. La corte di Strasburgo ha infatti stabilito che, istruendo un processo penale contro Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti per Ifil-Exor (poi conclusosi con l'assoluzione), l'Italia ha commesso un abuso, perché i due erano già stati condannati in via amministrativa dopo una procedura promossa dalla Consob. Di qui, per Strasburgo, la violazione dell'articolo 4 del protocollo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che stabilisce che non si può essere giudicati e puniti due volte per lo stesso reato. Secondo l'avvocato Coppi il verdetto di Strasburgo ha attinenza con la vicenda del Cavaliere in quanto «affronta il problema della cumulabilità delle sanzioni penali e rileva che qualora una sanzione accessoria, non importa se di natura penale o amministrativa, incide su diritti fondamentali, allora non può essere cumulata con un'altra sanzione simile».

Per il «ne bis in idem».

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