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Le prevedibili lady rosse che accorrono al gay pride

Boldrini e Idem in prima fila alla kermesse di Palermo: presenzialismo in nome del politicamente corretto. Cosa non si fa per compiacere la lobby omosessuale

Le prevedibili lady rosse che accorrono al gay pride

Miseria, quanto sono banali: la presidente della Camera e la ministra per le Pari opportunità, vale a dire la Boldrini e la Idem, hanno concesso entusiastica adesione al Gay Pride di Palermo, una settimana di iniziative a partire dal 14 giugno, con chiassosa e colorita sfilata finale per le vie della città.

Tanto per essere molto chiari: niente da ridire contro la rispettabilissima adunata. Se poi si riesce persino a emendarla da certe patetiche pagliacciate simil-provocatorie, nel perfetto stile carnevale di Viareggio, ci si guadagna solo in dignità e in rispetto, senza che nessuno debba più offendersi se qualche nonno e qualche massaia fanno i sorrisetti davanti alle esibizioni svaccate. Ma al di là e al di sopra delle sbavature di stile, il Gay Pride fa parte ormai della nostra storia, nostra e di tutti gli altri Paesi evoluti, senza niente che debba più suonare a scandalo o a trasgressione.

Siamo talmente nel campo della normalità, che davvero comincia ad apparire stucchevole, prevedibile, scontato questo atteggiamento da crocerossine premurose, tanto sensibili alle macerazioni delle minoranze neglette, che la solerte coppia delle nostre signore istituzionali si premura di esibire.

Certo non è un crimine accodarsi al Gay Pride. Non è questo il problema. A rendere tutto così diabeticamente mieloso è l'ispirazione che ci sta dietro, l'ideologia buonista della collocazione fissa su certi temi, sempre e solo quelli, considerati gli unici idonei ad accrescere la propria raccolta punti, nella speciale classifica del narcisismo civico.

Diamine, ci sta che la Boldrini e la Idem vadano dai gay a raccontare quant'è importante la loro battaglia di civiltà. Ma non è possibile, anzi è molto noioso, farsi trovare sempre là, al posto giusto, dove è più conveniente stare, dove l'approvazione e le medaglie scattano in automatico. Là, dove trionfa il conformismo, quella brutta faccenda che fa tanto rima con opportunismo. A furia di ritrovarle là, viene una gran voglia di ritrovarsele una volta fuori posto, sopra le righe, spiazzanti e imprevedibili. Almeno una volta, nella vita. Che so, piacerebbe vedere la Boldrini a un raduno degli Alpini, o tra i mistici di Medjugorje, o tra gli sfrattati di Agrigento. Dentro una bocciofila, al sindacato ballerine, alla sagra del radicchio. Cose così, fuori porta e fuori schema.

La Idem, non ne parliamo: lei, prestata dal nobile sport minore alla politica, l'esempio vivente della donna lontana dalle convenienze, era gradita un paio di domeniche fa a Brescia, per premiare davanti a centomila persone la maglia rosa Nibali, un ragazzo siculo applaudito da tutti nella culla del leghismo spinto, tricolore al vento, inno di Mameli e un commovente spettacolo di unità nazionale. Niente, la Idem, l'atleta dura e pura, fuori dai giochi e lontana dal Palazzo, dimostrò di avere imparato tutto molto in fretta: quella domenica preferì sedersi in tribuna vip all'Olimpico per la finale di Coppa Italia, sguazzando nel bel mondo romano, hai visto mai che mi si noti di più.

E dire che sono donne. E dire che per loro pretesa e per unanime ammissione le donne sono meno ruffiane, meno calcolatrici, meno ipocrite. Ma allora vediamo di meritarcela, questa nomea. Dopo la mesta stagione delle olgettine e delle soubrettine, non è proprio il caso che la politica italiana apra quella delle virtuosine e delle perfettine. Abbiamo bisogno di politichesse per bene, non perbeniste. Sia chiaro: il politically correct ha completamente rotto l'anima.

Da un paio di giorni questo non è più un becero modo di dire: è l'elevata espressione letterale di un grande Papa, finalmente entrato con la magnifica irruenza della verità nel furbesco mondo dei sepolcri imbiancati.

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