Roma - A dimostrazione che il Pdl sta correndo verso delle primarie-caos c'è l'ultima boutade di Stanleybet, gruppo leader nel settore delle scommesse. La compagnia inserisce e «quota» nella corsa alla guida del partito (che fu?) di Berlusconi pure Nicole Minetti. La quale non ci pensa proprio a contendere ad Alfano le redini del partito, avendo già detto di voler attraversare l'Atlantico per essere conquistata da «un bell'uomo americano di due metri che gioca a baseball». Ma tant'è: pure lei finisce in lista per i bookmaker che danno una sua vittoria a 50,00, contro il favorito Angelino, quotato 1,25. Segue Alemanno, che però ha dichiarato di non voler essere della partita (8,00); e l'ex azzurro Galan, dato a 10,00. Meno probabile, per Stanleybet, la vittoria dell'altro concorrente: Daniela Santanchè (20,00). Quote date un po' a casaccio che rendono bene l'idea del rischio a cui va incontro Via dell'Umiltà: una sorta di tutti contro tutti per una contesa che non è mai stata nel dna del partito di Berlusconi.
Innanzitutto le regole. Già si storce il naso perché ogni candidato deve presentare almeno 10mila firme in almeno 5 regioni entro il 16 novembre. Troppo poco tempo, lamenta Santanchè. Poi i partecipanti. Hanno già dichiarato di voler correre, oltre al super favorito Alfano, Giancarlo Galan, Daniela Santanchè, Alessandra Mussolini e il «formattatore» e sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo. Ancora indecisi l'outsider Guido Crosetto, l'ex ministro dell'Economia Tremonti e Giorgia Meloni, pressata da qualche ex An. Ma c'è chi spinge anche il governatore Caldoro al grido di «basta tagli alle Regioni, adesso si metta a dieta il Parlamento».
L'esito della contesa è scontato: quasi tutto il partito sta con Alfano. Meno scontato l'obiettivo. Per il segretario le primarie vogliono essere un bagno di democrazia per avere maggiore legittimazione popolare e più forza nella gestione del partito. Ma la verità è che il Pdl resta un arcipelago con spinte, desideri e ambizioni conflittuali. Il carisma di Berlusconi ha sempre tenuto tutto insieme ma ora Alfano saprà gestire le molte anime del partito?
Vediamone alcune. Ci sono gli iperberlusconidi, fedelissimi al Cavaliere e nostalgici del forzitaliotismo. Qualche nome pesante: Verdini, Bondi, Romani, Gelmini, Santanchè, Biancofiore, Galan, Giacomoni, Valentini, Bergamini, Brambilla, Rossi, Martino e Moles. Sono gli iperliberali e liberisti che non disdegnano lo spacchettamento del Pdl e la federazione tra moderati. Poi ci sono i postberlusconidi, divisi a loro volta in tante sottoanime. I filocasiniani, per esempio: auspicano il definitivo passo indietro del Cavaliere per favorire il matrimonio con l'Udc di Casini. E quindi sono possibilisti a un Monti bis o a un qualsivoglia governo di larghe intese dopo le elezioni. Tra questi, i big sono Fitto, Frattini, Cicchitto, Lupi, Napoli, Quagliariello, Carfagna. Poi gli ex aennini unitari (Matteoli e i suoi): vorrebbero stare tutti insieme e non spacchettare alcunché, credendo ancora nel Pdl. Chiedono però una netta presa di distanza dall'agenda Monti. Quindi gli ex aennini destrorsi (La Russa, Meloni, Rampelli, Corsaro) che mettono il veto: mai più inciuci con la sinistra, altrimenti tanto vale far qualcosa di destra-destra. Quindi i «formattatori» alla Cattaneo e con lui una dozzina di giovani sindaci che sventolano la bandiera del «ricambio generazionale».
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