PROCEDURA INSOLITA La «pro gratia» concessa solo ai martiri cinesi

La canonizzazione di Giovanni XXIII avviene, come si dice nel gergo ecclesiastico, «pro gratia». Si tratta di un protocollo insolito, ma non inedito, che può essere adottato dal Pontefice in deroga all'accertamento del miracolo, solitamente necessario per la proclamazione della santità (nel 2000, anno del Giubileo, Giovanni Paolo II aveva dispensato dall'accertamento dei miracoli prima di canonizzare i martiri cinesi Agostino Zaho Rong e i suoi 119 compagni). Nel luglio scorso Francesco ha fatto proprie le motivazioni della Congregazione delle cause dei santi che a sua volta aveva accolto la postulazione dell'Ordine dei Frati minori. Il 30 settembre il Concistoro ha ratificato l'istanza. La canonizzazione «pro gratia», scrive Stefania Falasca in «Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione» (Rizzoli), «non rappresenta né una scorciatoia né una semplificazione né una decisione arbitraria». La prima motivazione è «l'eccezionale vastità del culto liturgico già reso al beato, che la Santa Sede ha concesso a diverse diocesi del mondo».

La seconda consiste nella richiesta di un gruppo di padri conciliari che già avevano proposto la canonizzazione di Roncalli come atto conclusivo del Concilio Vaticano II. Dopo la beatificazione innumerevoli testimonianze di grazie sono pervenute in Vaticano. Francesco non ha ritenuto indispensabile vagliarle.

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