Prodi: "Così l'America mi spiava"

L'ex premier racconta di una telefonata privata finita sui giornali

Le intercettazione della Nsa e lo scandalo Datagate non meravigliano Romano Prodi, che oggi in un articolo sul Messaggero denuncia come già dieci anni fa, quando era presidente della Commissione Europea, aveva scoperto di essere spiato.

Allora c'era Echelon, il "grande orecchio" progenitore del programma Prism al centro delle polemiche. "Il suono della mia voce era stato inserito nel grande cervello e quindi ogni mia conversazione veniva automaticamente registrata da qualsiasi apparecchio telefonico fosse generata", scrive Romano Prodi, ricordando in particolare una conversazione con l’allora presidente dell’Eni, Gian Maria Gros-Pietro. "Per essere sicuro di non essere ascoltato, uscii sotto il portico dell’hotel dove nessuno poteva sentire quanto ci dicevamo", racconta, "Egli mi parlò dell’utilità di intervenire presso un governo di un Paese produttore di petrolio a difesa degli interessi dell’Eni stessa, in quel caso in concorrenza con un’impresa americana per una importante concessione". In quell'occasione il presidente dell’Eni assicurò che non ci fossero altri concorrenti, men che meno europei (in tal caso Prodi non poteva intervenire in Ue). Poi, l'aiuto non fu necessario, ma "poche settimane dopo, l’intero verbale della conversazione veniva pubblicato da un settimanale a forte tiratura, preceduto dalla precisazione: dalle nostre fonti americane".

"Con ondate che si succedono con crescente intensità, si ha notizia di controlli illegittimi sulle comunicazioni da parte di alcuni Paesi a danno di altri. Ciò infrange non solo le regole giuridiche internazionali ma gli stessi diritti fondamentali dei cittadini", osserva quindi Prodi, chiedendo quindi "un completo ripensamento di tutte le regole che disciplinano i comportamenti in materia". E conclude: "In tutti questi casi per un pò di tempo ci si scandalizza, si moltiplicano le proteste diplomatiche e poi tutto ricomincia come prima.

Questi comportamenti vengono solitamente giustificati in ragione della pur santa necessità della guerra al terrorismo, anche se il terrorismo spesso c’entra ben poco e sono invece in gioco interessi di tutt’altro tipo".

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