Berlusconi tifa Renzi per varare le riforme: "E tra un anno lo batto"

Il leader di Forza Italia ottimista: "Supereremo il 37%, ci siamo già riusciti nel 2008"

Berlusconi tifa Renzi per varare le riforme: "E tra un anno lo batto"

Berlusconi è provato ma felice. La giornata cagliaritana di sabato è stata pesante: un'ora e mezza di comizio, centinaia di mani da stringere, un plotone di imprenditori da ascoltare e motivare, interviste da rilasciare e una rotta politica da perfezionare. Ma le cose stanno andando avanti per il verso giusto: e ieri il Cavaliere è rimasto soddisfatto dalla lettura del Corriere della Sera che ha pubblicato il suo colloquio con Alan Friedman, avvenuto venerdì. Lì il suo pensiero: avanti con le riforme sperando che il patto con Renzi regga; poi elezioni tra un anno o più; e vittoria del centrodestra superando la soglia del 37%. Con un particolare in più, ancora ignoto venerdì quando è stata registrata l'intervista: Casini è propenso a tornare nella casa dei moderati. Traduzione: non c'è più spazio per i «centrini» che peraltro in Italia non hanno mai sfondato. Quindi la bandiera del bipolarismo non si ammaina. O di qua o di là.

Con Renzi, che Berlusconi stima, si può parlare. E con lui si devono fare le regole. Poi, sarà duello. Il Cavaliere ammette di ammirare la determinazione del segretario Pd: «Ha rottamato i vecchi campioni del partito e spero che continui in questa direzione», dice. Anche se teme che le resistenze interne al Nazareno possano essere letali per il giovane sindaco di Firenze e per le riforme. Ma Berlusconi è ottimista: «Gli auguro di procedere nella sua opera» e di conquistare anche quell'un terzo di partito a lui ostile: «Spero venga mandato negli spogliatoi». Riferimento ai Cuperlo e al vecchiume Pd. Sull'Italicum l'ex premier è fiducioso: «La legge elettorale verrà approvata dai due rami del Parlamento». Questo anche se l'accordo non è il massimo perché frutto di una necessaria mediazione: «Ancora una volta abbiamo dovuto fare i conti con i piccoli partiti». Sono loro che hanno preteso che si alzasse la soglia necessaria, dal 35 al 37 per cento, per ottenere il premio di maggioranza. Risultato: sarà difficile raggiungere quella cifra visto che Grillo vale circa il 20% e toglie voti al centrodestra e al centrosinistra.

Ma Berlusconi è un inguaribile ottimista e giura: «Sembrerà una follia ma io penso di poter arrivare a superare il 37% come coalizione. Ho già avuto un risultato del genere nel 2008 quando raggiungemmo il 46 e passa». Il Cavaliere ci crede ancora: sarà bis. Come? L'ex premier confida nei club, fucina dei «missionari della libertà» che dovranno battere palmo a palmo il territorio. Faranno proseliti, e se ogni soldato riuscirà a reclutare altri cinque o sei combattenti per la libertà, sarà fatta. «Ce la faremo», ripete Berlusconi che davanti a sé vede un anno, un anno e mezzo di lavoro. È il periodo necessario per tagliare il traguardo delle riforme costituzionali.

Nel frattempo il Cavaliere cerca di mettere la sordina ai malumori che serpeggiano nel partito per il ruolo di Giovanni Toti. Fomentati anche da un'intervista pubblicata da Repubblica, poi smentita da Toti: «Ieri (sabato, ndr) non ho rilasciato interviste. Le frasi riportate non rappresentano un'organica visione politica né il mio pensiero». Berlusconi è seccato dalle paure dei suoi che vorrebbe vedere marciare come un sol uomo ma nello stesso tempo rimanda la nomina dell'ufficio di presidenza di Fi e del comitato ristretto. Una stanza dei bottoni senza manovratori. E mentre pare certo un ruolo di rilievo per l'ex ministro Scajola, il lealista Raffaele Fitto mette i puntini sulle «i» a proposito dell'ex direttore del Tg4: «Abbiamo un leader che è Silvio Berlusconi e che ha il consenso di milioni di italiani, lui è il mio leader», dice a SkyTg24 alla domanda su Toti candidato premier. E sull'ufficio di presidenza: «Non è un sedativo: non lo chiediamo in questa logica.

Abbiamo condotto una battaglia perché i poteri tornassero nelle mani di Berlusconi. L'ufficio di presidenza non serve a accontentarci ma per aver un luogo dove discutere la linea». Ma il Cavaliere ancora non se la sente di sciogliere il nodo nomine: «Non ora. Ora ho bisogno di serenità», ripete.

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