Con la prudenza si recupera oltre il 17% dell'ultimo stipendio

Il nostro secondo esempio si riferisce ad un'impiegata in una ditta chimico-farmaceutica, nata nell'ottobre 1970 e che ha iniziato a lavorare all'età di 26 anni con una retribuzione iniziale di 31.000 euro. Nel 1998 aveva 28 anni e poteva contare su una retribuzione lorda annua di 35mila euro mentre oggi, all'età di 42 anni, è lievitata fino a raggiungere i 51.100 euro.
In base alle nuove disposizioni della riforma delle pensioni del ministro Fornero, l'impiegata dovrebbe potersi ritirare dall'attività nel maggio 2036 all'età di 65 anni e 7 mesi con 39 anni e 9 mesi di anzianità contributiva. La risultante di tutti questi dati proietta a 31.800 euro annui l'assegno Inps che, in rapporto all'ultima retribuzione stimata (57.600 euro), equivale al 55,2% dello stipendio annuo alla vigilia del pensionamento. L'impiegata si è convinta sin dal 1998, cioè da quando sono partiti i fondi pensione negoziali, della necessità di integrare la propria pensione ed ha aderito al fondo pensione di categoria, il Fonchim. La donna, in particolare, ha accantonato, dal 1998 a oggi, l'1,2% del suo reddito annuo, mentre l'azienda le ha versato un altro 1,65% della sua retribuzione annuale. A questo flusso costante si è aggiunto anche il conferimento del Tfr maturato ogni anno (pari al 6,91% della retribuzione). Sommando tutte queste componenti, l'impiegata dovrebbe essere riuscita ad accumulare grazie al fondo pensione di categoria quote per un valore di 63.900 euro che dovrebbero consentire di coprire, nel momento in cui avrà diritto all'assegno previdenziale, il 6,3% della sua ultima retribuzione.


Ricapitolando, se continuerà a versare nei prossimi 24 anni di tasca propria il Tfr maturato ogni anno e l'1,2% del reddito e a beneficiare dell'1,65% della retribuzione annua liquidato dal datore di lavoro, l'impiegata del settore chimico-farmaceutico dovrebbe riuscire ad accumulare un ulteriore 11% di pensione integrativa e a vivere con un trattamento pensionistico complessivo finale pari al 72,5% circa dell'ultima retribuzione. Come nel caso del metalmeccanico, la previdenza integrativa ha consentito di recuperare oltre 17% dell'ultimo stipendio annuo.

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