Quei fan che se la cantano ma soprattutto se le suonano

Directioners contro Beliebers: sono le nuove tribù degli adolescenti, unite dalla venerazione di star musicali. E divise dall'odio, fino a picchiarsi

Quei fan che se la cantano ma soprattutto se le suonano

L'ultimo scontro fisico è stato un sabato pomeriggio, a Milano. Un gruppo di fan di Justin Bieber si dà appuntamento in piazza Duomo per uno dei tanti raduni dedicati alla giovane star. Tutte ragazzine, età media 13 anni, il pubblico tipico del cantante canadese. Qualche parola di troppo contro la star da parte di un'altra, forse, ed ecco che scoppia la rissa. Una giovanissima finisce in ospedale dopo l'aggressione di alcune coetanee. La miccia, la rivalità tra supporters di Justin Bieber e dei One Direction, idoli pop degli adolescenti negli anni '10.
Ma è soprattutto su internet che gli universi, contrapposti eppure simili, di «beliebers» (che impazziscono per il solista) e «directioners» (sfegatati per la boy band), scatenano tutta la loro aggressività, toccando limiti estremi. «Metterò una bomba a casa tua», «Non offendere il mio amore, bastardo! Lo difenderò a costo della vita», «Ti accoltello»: tweet minacciosi che sfiorano il cyberbullismo.
La psicologa Jane McCarthy ha cercato di spiegare cosa si nasconda dietro all'aggressività delle fan, che ingaggiano una gara, «si mettono in competizione per vedere chi riesce ad essere più protettiva con i loro eroi scrivendo il tweet più esplicito possibile».
Come per una squadra di calcio, sono ultras che si riconoscono in gruppi sociali, di cui condividono pensieri ed emozioni. Due eserciti contrapposti composti da milioni di adolescenti che si scontrano talvolta fisicamente, ma soprattutto davanti allo schermo del pc, esaltando i propri beniamini a discapito di altri. Tribù che si differenziano più nella semplice appartenenza che per stile, abbigliamento o genere musicale. E si uniscono, scatenando il pandemonio, solo quando le critiche vengono mosse sia alla boy band che al cantante.
In questo caso vale il motto «Directioners and beliebers versus haters». Dove «haters» (odiatori), sono tutti coloro che non condividono quel tipo di musica commerciale, e già la parola scelta è emblematica del clima di tensione e astio che si respira tra gli adolescenti del terzo millennio. Le due tifoserie gemellate contro l'acerrimo nemico, il contestatore, che pure rappresenta, a sua volta, una categoria di riferimento. È allora che i social network scatenano tutto un vasto repertorio di offese e violenza linguistica gratuita: «Se fossi davanti a me ti spaccherei la faccia», «Siete dei frustrati», «Asociali senza sentimenti, fatevi una vita» e molto di peggio, difficile da riportare. Su Youtube compaiono videoclip in cui danno sfogo a tutta la rabbia contro gli «haters» e corrono in difesa delle pop star. In fondo è facile: si accende la webcam, si urlano tutte le offese conosciute sin dall'età della coscienza, si gesticola in maniera semi-schizofrenica e si carica tutto su internet. La sfida è lanciata. Più un'ossessione che una passione.
Ma chi sono questi feticci trattati come dèi? I One Direction sono una boy band di 20enni anglo-irlandesi, Justin Bieber un cantante canadese di 19 anni. In comune hanno molto: giovanissimi, cantano e suonano quella musica pop targata anni 2000 un po' anonima e universale, sono star globali con milioni di fan in tutto il mondo. Influenzano, con musica, abbigliamento e stile di vita, il loro pubblico, dando vita a vere e proprie bande. I supporter di One Direction e Bieber hanno tra i 10 e i 20 anni, sono in maggioranza ragazze (ma i ragazzi non mancano) che hanno iniziato a seguire i propri idoli fin dagli esordi e comunicano in modo compulsivo sui social network la venerazione per le star, cercando la forma più appariscente possibile. Si informano su tutto ciò che li riguarda, tentano di assomigliarvi esteticamente, copiando acconciature, vestiti, persino movenze. Acquistano i tanti gadget sul mercato (t-shirt, poster, cover del cellulare, soprammobili), arrivando a spendere anche 100 euro per un singolo prodotto. Il sogno cui tutti anelano è un meet&greet, un incontro ravvicinato coi propri idoli. Oltre, ovviamente, ad assistere ai concerti, i cui biglietti possono raggiungere cifre esorbitanti: lo scorso maggio a Verona, per il live dei One Direction, dopo 14mila biglietti volatilizzatisi in pochi minuti, quelli rimanenti hanno toccato cifre record da 1.500 a 4.500 euro.
E se poi non si riesce ad acquistarlo, si rischiano gesti clamorosi. Come accaduto in provincia di Milano, dove una 15enne ha minacciato di gettarsi da un palazzo, dopo aver perso l'occasione di assistere al concerto dei One Direction in programma a fine giugno a San Siro. In tempi di crisi (non solo) discografica, quanto sono disposte a far spendere ai propri genitori le ragazzine pur di vedere live i propri idoli? E a quanto i genitori possono arrivare per accontentarle? Sembrerebbe davvero tanto. Sarà che mamma e papà rivedono la propria giovinezza nell'adorazione dei figli per certe divinità musicali. Culture e società cambiano, però, e anche la musica, che oggi sembra più omogenea, impastata, omologata. Vale per le melodie come per la rappresentazione estetica.
Una volta c'erano Beatles e Rolling Stone, oggi Bieber e One Direction. Un confronto che per molti è (legittimamente) un sacrilegio. La storia si ripete: negli anni '80 lo scontro Duran Duran-Spandau Ballet, nei '90 Nirvana e Pearl Jam o Oasis e Blur.

E il delirio dei fan - con record di svenimenti ai concerti e pazzie varie - somiglia alla «beatlesmania» degli anni '60, con scene di panico, disperazione e lacrime durante i concerti.
Ma la violenza tra i fan, quella ancora non si era vista.

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