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Quelli che si affannano a negare le carte che scagionano il Cav

Il Corriere prova a smontare l'archiviazione dei giudici svizzeri nel processo gemello al caso Mediaset: "Nessuna novità". Ma perché il verdetto non è stato acquisito a processo?

Quelli che si affannano a negare le carte che scagionano il Cav

Roma - Le carte svizzere a qualcuno sembrano una fastidiosa stonatura nel coro colpevolista dell'antiberlusconismo. Soprattutto, se possono portare alla richiesta di una revisione del processo sui diritti tv.
Così, si contesta l'importanza e la novità della notizia pubblicata domenica da Il Giornale: l'archiviazione a Berna nel 2010 di un'inchiesta per riciclaggio su 4 manager Mediaset, che ha demolito le stesse tesi e «prove» servite, in Italia, per condannare definitivamente Silvio Berlusconi, il produttore Usa Frank Agrama e gli altri.
Prova a farlo Il Corriere della Sera, parlando di «confusione» e cercando di farne più possibile. In realtà, i fatti sono chiari se non si vuole oscurarli e travisarli. Abbiamo pescato in Svizzera un atto giudiziario, n. VU.2009.11, del 15 dicembre 2010, firmato dal giudice istruttore Prisca Fischer. Mai pubblicato e ignoto ai legali degli imputati, il rapporto finale dell'inchiesta, parallela a quella della procura di Milano sui diritti tv, arriva a conclusioni opposte: il reato non esiste perché Agrama (per i giudici italiani socio occulto di Berlusconi) era reale titolare dei diritti tv Paramount, che vendeva alla tv svizzera come a Mediaset, Rai e altre emittenti straniere a costi non «gonfiati», ma determinati dal mercato.
Che non sia una «novità sconvolgente» lo dice Il Corriere, noi lo lasciamo giudicare a tutti. Non di «sentenza di archiviazione» abbiamo parlato, ma di argomentata richiesta, accolta il 20 maggio 2011 dal pm federale. Per il Corriere, con «opposta» motivazione, il che sembra paradossale, in parte giustificata con l'archiviazione di alcune transazioni incriminate e, cito, «per due di esse con il sovrapporsi dei già esistenti procedimenti italiani». Sovrapporsi? Vogliamo dire che in Svizzera non hanno perseguito reati in casa loro perché, tanto, ci pensava l'Italia (tra l'altro nota per la sua celerità)? Eppure, il Corriere ripete che «eventuali sentenze elvetiche si andrebbero solo ad aggiungere ai processi già in corso in Italia sugli stessi fatti». Anche l'uomo della strada capisce che questo non è possibile. Se Berna si è fermata è perché non aveva nulla per andare in giudizio e il procedimento italiano appariva «ambiguo se non equivoco, più civilistico che penale», come scrive la Fischer. Del giudice Il Corriere sottolinea che è «oggi avvocato», come se questo facesse sospettare della sua terzietà.
Ma veniamo al secondo punto: la testimonianza a Ticinonline della responsabile acquisti fiction della tv svizzera Silvana Carminati, di cui abbiamo scritto lunedì. Conferma il ruolo di Agrama e la congruità dei prezzi dei film, come il responsabile finanze il cui interrogatorio abbiamo pubblicato il 3 settembre.

Per il Corriere anche qui non ci sarebbe novità, solo perché i legali di Agrama hanno chiesto di ascoltare la Carminati nel processo gemello Mediatrade ancora in corso, in cui Berlusconi è stato assolto. Ma la domanda rimane: perché questi atti non sono stati acquisiti a Milano, prima della condanna che dovrebbe essere provata «oltre ogni ragionevole dubbio»?

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