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"Questo abuso d'ufficio rischia di impantanarci"

Il viceministro Francesco Paolo Sisto: «Si tratta di un "non reato" che ingolfa la burocrazia e frena il Pil»

"Questo abuso d'ufficio rischia di impantanarci"

Viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, siete soddisfatti della stesura finale del decreto Rave?
«Abbiamo inserito indicazioni oggettive che impediscono qualunque confusione con ipotesi diverse dai rave stessi; e per ciò che concerne la riforma Cartabia abbiamo fatto in modo che le novità normative possano essere efficaci calibrandole sulla realtà su cui vanno a cadere, evitando probleD mi applicativi . Un governo che nasce dal consenso popolare ha la forza anche per fare utili passetti indietro.

E per la riforma della prescrizione che proprio oggi il sottosegretario Delmastro ha chiamato «Frankestein»? «È l'evidenza manifesta della mediazione parlamentare al ribasso, un istituto che cosi come scritto mescola innovativamente temi sostanziali a profili processuali: per coerenza di sistema, va, a mio avviso, ripristinata la matrice sostanziale».

Quindi siete favorevoli all'ordine del giorno sulla prescrizione sostanziale presentato da Azione?
«Più che altro serve una riflessione attenta, valutando attentamente la proposta sul punto della commissione Lattanzi, correttamente tesa a garantire la ragionevole durata del processo. A tale proposito, va chiarito a lettere cubitali che l'efficienza non deve passare dalla lesione dei diritti del cittadino ma deve essere realizzata con il miglioramento dell'offerta di Giustizia: ad esempio, aumentando sensibilmente il numero dei magistrati, in Italia davvero pochi».

Ma anche attraverso depenalizzazioni?
«Ci sono "non reati" come l'abuso d'ufficio che pesano per il numero esorbitante dei procedimenti/processi, e non per le sentenze (pochissime arrivano ad una condanna). Ma innescano una burocrazia difensiva che blocca velocità amministrativa e costa preziosi punti di Pil. E rischia di impantanare il Pnrr dopo aver raggiunto i 55 obiettivi prefissati. Stesso tema vale per il reato di traffico di influenze, una norma a maglie troppo larghe in cui i principi di tipicità e tassatività troppo spesso sono latitanti. Poi bisogna intervenire sull'appello alle sentenze di assoluzione da parte del pm, evitandolo, anche come strumento deflattivo».

Non trova che i principi liberali e garantisti declamati dal ministro Nordio configgano con la visione panpenalista dei primi decreti repressivi del governo Meloni?
«Non sono configgenti: nessuno può pensare ad un diritto penale della "non pena" o della clemenza tout court. Ma solo la sanzione per la violazione di norme incriminatrici deve comprendere la punizione e la rieducazione, in uno, secondo i principi sanciti nell'articolo 27 della Costituzione. Nel processo penale, garantismo significa Costituzione, un pm non invasivo, una difesa rispettata, un luogo in cui il giudice possa liberamente esprimere il suo giudizio, ciascuno nel rispetto reciproco dei ruoli ascritti».

E come si può garantire?
«Con la separazione delle carriere, affinché tra pm e giudice ci sia la stessa distanza che c'è tra avvocato e giudice. Un triangolo isoscele che veda accusa e difesa alla base, con il giudicante sul vertice».



Come risponde ai garanti dei detenuti che sono in sciopero della fame?
«Il ministero sta studiando misure idonee per affrontare il problema, nel breve o quantomeno nel medio termine».

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