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Rai, Lucia Annunziata gioca a fare la martire

Anziché fare la sceneggiata, avrebbe potuto tenersi la trasmissione e continuare a dire la sua, come ha sempre fatto. Invece ha preferito fare la martire. Come Fazio

Rai, Lucia Annunziata gioca a fare la martire

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Della serie: mi si nota di più se continuo a fare il mio lavoro oppure se sbatto i pugni sul tavolo e me ne vado via urlando e sbraitando? O peggio ancora: incasso di più se rimango nell'azienda che mi dà da campare dal 1995 oppure se faccio la martire gettando fango su un governo che, tra parentesi, non mi ha fatto mai nulla di male? In Rai, di questi tempi, il dubbio "morettiano" non si pone nemmeno. Fabio Fazio glielo ha insegnato. Meglio calare l'asso delle dimissioni. Per il resto, poi, ci pensa la sinistra a far partire il processo di beatificazione. E così anche Lucia Annunziata ha fatto gli scatoloni e se ne è andata. "Dimissioni irrevocabili", ha scritto nella lettera inviata all'ad Roberto Sergio. "Vi arrivo perché non condivido nulla dell'operato dell'attuale governo, né sui contenuti né sui metodi - ha spiegato - in particolare non condivido le modalità dell'intervento della Rai".

Che esista lo spoil system è noto dalla notte dei tempi. È così ovunque, in tutti i vertici delle aziende statali. Figuriamoci a viale Mazzini dove direttori, amministratori delegati e presidenti cambiano a seconda delle lune della politica. Piaccia o no, è sempre stato così e così sarà per sempre. La Annunziata lo sa benissimo. E non solo perché quei corridoi li conosce da ventotto anni (ventotto!) ma anche perché, proprio grazie a quest'alternanza, riuscì a ottenere in passato una di quelle nomine che oggi la infastidiscono tanto. Era l'8 agosto 1996, al potere era salito (da pochi mesi) il primo governo guidato da Romano Prodi, e lei otteneva lo scranno più alto del Tg3. In tutti questi anni è sempre stata libera di dire (e fare) tutto quello che voleva, anche quando a Palazzo Chigi sedevano presidenti del Consiglio che le facevano storcere il naso. Anzi, fu proprio mentre uno di questi era premier, che arrivò alla presidenza della Rai. Era il 13 marzo 2003 e a capitanare l'esecutivo c'era Silvio Berlusconi.

Difficile credere, dunque, alle parole che oggi leggiamo nella lettera che ha inviato a Sergio. "Non ci sono le condizioni per una collaborazione", ha scritto. "Non intendo avviarmi sulla strada di una permanente conflittualità interna sul lavoro". E così se ne è andata. Con un tempismo perfetto. Esattamente come Fazio ha deciso di annunciare il proprio addio mentre venivano stabiliti i nuovi vertici dell'azienda, la Annunziata ha fatto le valigie subito dopo la nomina dei nuovi direttori di rete. Manco i due si fossero messi d'accordo. Di lui si è subito saputo il futuro, alla Nove con un contratto quadriennale molto più remunerativo. Di lei, invece, nulla è dato sapere. Anche se i maligni, viste anche le indiscrezioni degli ultimi giorni, la danno in pole position per una candidatura alle prossime elezioni europee. Ovviamente con la benedizione di Elly Schlein.

Ma non fantastichiamo. Restiamo ai fatti. E i fatti sono che, anziché fare la sceneggiata madre, la Annunziata avrebbe potuto benissimo tenersi Mezz'ora in più e continuare a dire la sua come ha sempre fatto.

E invece ha preferito giocare a fare la martire (esattamente come Fazio) con la benedizione del Partito democratico e di tutta la sinistra chic ormai a corto di santi a cui votarsi.

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