Milano Dopo il «grande freddo» della crisi qualche segnale di disgelo inizia a vedersi. Ma è troppo presto per parlare di ripresa perché gli strascichi che la recessione si porta dietro (perdita di posti di lavoro e calo del potere d'acquisto delle famiglie) non potranno essere messi dietro le spalle con un colpo di spugna.
Vale la pena di partire dai piccoli segnali di speranza. Sono quelli forniti da Confesercenti, l'associazione dei commercianti presieduta da Marco Venturi. Per la prima volta dal 2012, infatti, tra maggio e giugno il saldo tra aperture e chiusure di piccoli esercizi al dettaglio è stato positivo e ha segnato un +1.422 unità. Si tratta della differenza tra le 7.546 nuove imprese e (+88% rispetto al bimestre precedente marzo-aprile) e le 6.124 che hanno chiuso i battenti. Da inizio 2013, ricorda l'organizzazione, hanno però chiuso senza essere sostituite 11.328 imprese. Confesercenti, comunque, parla di un «esile» segnale di ripresa, un «tesoretto» di nuove imprese da non affossare con un eccesso di «tasse e burocrazia». Oltretutto, vi sono ancora evidenti disomogeneità per quanto riguarda settori commerciali e aree geografiche. Il saldo è positivo per il commercio al dettaglio alimentare e per la distribuzione non food, ma il settore dell'abbigliamento, uno dei punti di forza del made in Italy, ha segnato ancora un saldo negativo, seppur minimo (-132 negozi). Inoltre occorre ricordare che il 73% dei 1.422 esercizi in più si trova nel Nord Italia, una chiara manifestazione del ritardo del Centro-Sud rispetto a questa piccola inversione di tendenza. Ritardo, per altro, testimoniato dal fatto che l'80% delle botteghe che ha chiuso tra maggio e giugno si trova proprio al Meridione.
Un'Italia «a due velocità» è rintracciabile anche nelle statistiche di Confimprese. Nel primo semestre 2013 la grande distribuzione ha registrato un fatturato invariato rispetto all'anno scorso. «Gli ipermercati hanno visto calare i ricavi del 2,3%, i grandi supermercati hanno segnato un +1%», ha dichiarato il presidente Mario Resca.
È chiaro che l'apertura di nuovi esercizi commerciali, pur essendo un dato «microeconomico», dipende da tante variabili «macro». Ad esempio, il commercio al dettaglio a maggio ha segnato un incremento su base mensile dello 0,1% ma su base annua il calo è ancora evidente (-1,1%). D'altronde, con un tasso di disoccupazione arrivato al 12,2% è normale che la capacità di spesa si sia contratta. Come ha rilevato Unimpresa, in cinque anni di crisi in Italia è andato perso quasi un milione di posti di lavoro. Dal 2008 al 2013, infatti, nel nostro Paese gli occupati sono scesi da 25,3 milioni a 24,3 milioni con un calo di 998mila unità (-3,8%).
Rapporto Confesercenti: tra maggio e giugno 2012 aperte oltre 7.500 attività
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