Renzi, il Pd e il vizio comunista delle purghe

Ci consola il fatto di non essere i soli a dire che Matteo Renzi, piaccia o non piaccia, è legitti­mato a partecipare alle primarie del Pd, ed è assurdo che vi sia qualcuno nel suo partito impegnato a boicottar­lo

Renzi, il Pd e il vizio  comunista delle purghe

Ci consola il fatto di non essere i soli a dire che Matteo Renzi, piaccia o non piaccia, è legittimato a partecipare alle primarie del Pd, ed è assurdo che vi sia qualcuno nel suo partito impegnato a boicottarlo. Il vecchio Pci, da cui i democratici discendono, non aveva di questi problemi: il Comitato centrale decideva chi dovesse menare il torrone. Ciò succedeva oltre vent'anni fa, quando i comunisti, fra strappi e smagliature, erano ancora legati all'Unione Sovietica, dalla quale ricevevano «consigli» e rubli per far sì che la bandiera rossa trionfasse.
Poi la dittatura del proletariato è andata in malora, l'impero sovietico si è dissolto e Botteghe Oscure sono state oscurate davvero. Il segretario dell'epoca, Achille Occhetto, sia pure tardivamente, cambiò in fretta e furia la ragione sociale del partito (ottocentesco), trasformandolo in Pds. Da allora, gli ex comunisti hanno cercato di mutare stile, ma la sostanza è rimasta la stessa, nonostante altri due cambi di nome.

A un certo punto si sono inventati le primarie, tanto amate da Walter Veltroni, scopertosi filoamericano a 40 e rotti anni. Erano convinti di dare una lezione di democraticità ai berluscones. Ma, invece di insegnare, essi hanno imparato qualcosa di fondamentale: certi modelli di democrazia non si importano, ed è molto meglio andare avanti con quelli locali. Oggi c'è chi rimpiange il centralismo democratico, visto che le primarie alla moda statunitense, applicate alla realtà italiana, sono una fregatura per i compagni dirigenti, e contrastano con lo statuto del Pd.
Il quale statuto prevede che sia il segretario del partito a presentarsi alle elezioni nelle vesti di candidato premier. Già, ma allora che farsene delle primarie? Mica si possono buttare al macero dopo averle pretese. Cosicché i progressisti, obtorto collo, le hanno mantenute in vita. Scelta improvvida. Che ora li costringe a stare al gioco, con un rischio grave: se il gran capo Pier Luigi Bersani perdesse la competizione in casa propria, sarebbe costretto a mettersi in un cantuccio, cedendo la leadership al vincitore, cioè a Renzi, giovanotto disinibito, innovatore del linguaggio della sinistra, fuori dagli schemi tradizionali del Pd, disinvolto e abile.

Il sindaco di Firenze, in effetti, è l'uomo nuovo che insidia i veterani. Nei sondaggi fa paura: sale, sale ed è sul punto di raggiungere (e superare?) i rivali. Per scongiurare tale pericolo, la nomenclatura non sa più a che santo votarsi. A partita praticamente in corso, essa sta studiando di modificare le regole: istituire un albo degli elettori, allargato ai sedicenni e agli extracomunitari (ridicolo: sono privi di certificato elettorale, quindi alle consultazioni politiche non avranno diritto di suffragio), e introdurre il doppio turno con ballottaggio, che ovviamente favorirebbe il segretario.
Insomma ogni trucco è buono per impedire a Renzi di imporsi. Mezzucci che forse serviranno allo scopo di far prevalere Bersani, ma danneggiano la reputazione democratica dei democratici, tali di nome ma non di fatto. È comprensibile il desiderio degli anziani di non mollare il pallino al giovanotto; se però, per realizzarlo, sono pronti a compiere qualsiasi nefandezza, questo è inaccettabile. E controproducente. Contribuirà a rafforzare il concetto che i comunisti sono soltanto rivestiti, ma ancora inaffidabili.

Crediamo che lorsignori siano consapevoli di essere nel torto, eppure non resistono ugualmente alla tentazione di ricorrere a qualsiasi espediente, anche meschino, per intralciare la strada a Renzi, di cui temono l'irruenza e la simpatia che egli suscita nella base di verde età, la meno legata al ricordo del Pci e

dei suoi schemi dittatoriali. Ma, attenzione: se Bersani, in caso di ballottaggio, vincesse - poniamo - 50 a 40, si coprirebbe di ridicolo, e il suo avversario di gloria. Gli imbrogli, come le bugie, hanno le gambe corte.

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