Renzi taglia il Senato e caccia i tromboni

Il premier incassa il sì unanime in consiglio dei ministri, rientra lo stop di Scelta civica. "Grasso? Mai visto l'arbitro che gioca"

Renzi taglia il Senato e caccia i tromboni

Roma - Matteo Renzi ha già la sua linea del Piave. Ed è il disegno di legge che sbianchetta di fatto i poteri del Senato, trasformandolo in un'assemblea di rappresentanti delle autonomie non eletti, senza indennità né poteri per incidere sul processo legislativo. Ieri il premier ha presentato la riforma in consiglio dei ministri e dopo aver incassato il sì unanime è andato a difenderla a spada tratta davanti a taccuini e telecamere. Con l'aria di sfida. Già, la sfida. Ai suoi, agli alleati, agli avversari, ai difensori a oltranza di Palazzo Madama, ai «benaltristi», come li chiama lui. Quelli per i quali, cioè, c'è sempre «ben altro» da fare prima, di più urgente e importante. Il guanto Renzi lo aveva già lanciato di prima mattina parlando a Radio Rtl: «Se non si fa la riforma del Senato non ha senso che gente come me stia al governo: ci giochiamo la faccia e tutto il resto. Su questa cosa non mollo di mezzo centimetro, andiamo diritto». E poi: «Provo curiosità, voglio vedere se davvero i parlamentari del mio partito che non vogliono votare il ddl costituzionale sul Senato davvero non votano. Dovrebbero ricordare che quella proposta l'ho portata alla primarie» ed è stata «votata dal nostri elettori» nonché «vagliata due volte dalla direzione». E i tifosi del Senato old style hanno ora un altro nemico eccellente, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che, fanno sapere dal Quirinale, ausipca da tempo un «superamento del bicameralismo paritario» che «garantisca un più lineare e spedito processo di formazione e approvazione delle leggi».

Ma torniamo a Renzi. Che nella sala stampa di Palazzo Chigi è più sicuro e tranquillo. Parla del superamento del bicameralismo perfetto come di una «grandissima svolta per la politica», di «buon inizio, anche se non so se ci sarà il lieto fine». Si dice certo che la rivoluzione si farà: «Sono certo che non ci saranno tra i senatori persone che non colgano la straordinaria opportunità che stiamo vivendo». Manda quasi un messaggio mafioso a chi voterà contro, soprattutto tra i suoi: «I nomi e i cognomi di chi vuole bloccare il cambiamento li dirò alla fine della votazione». Ma comunque per lui «saranno minoranza al Senato e nel Paese». Spera in tempi rapidi, con l'approvazione della prima lettura del ddl riforme al Senato «entro il 25 maggio, entro le elezioni europee». Fate un circoletto rosso sull'agenda. Poi una gag («Sono amareggiato, stavolta non abbiamo le slide. Cioè le abbiamo, ma sono da televendita») e una strizzata d'occhio a Silvio Berlusconi: «Diceva che avrebbe rispettato il patto sul Senato, non ho motivo per dubitarne». Ricorda che nella riforma ci saranno anche la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione. Vicino a lui Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, dà qualche dettaglio in più: il nuovo organo si chiamerà Senato delle autonomie, sarà composto da 148 persone, di cui 21 di nomina del Quirinale e 127 rappresentanti di consigli regionali e sindaci, tra cui tutti quelli dei capoluoghi di regione. Ci saranno - non è chiaro in che veste - anche gli ex presidenti della Repubblica e gli attuali senatori a vita.

Tiene banco ancora la polemica con il presidente del Senato Pietro Grasso, che in mattinata aveva così confermato la sua opposizione al Senatino: «Quello che dovevo dire l'ho già detto, in maniera abbastanza chiara. Non ho nessuna intenzione di dire altro». Renzi invece qualcos'altro lo dice: «Non si è mai visto il presidente del Senato che interviene sui procedimenti in corso o in itinere. Se sono arbitri non possono giocare». Insomma, un Renzi a tutto campo: attacca, difende, contrasta e critica pure l'arbitro.

Epperò non è detto che filerà tutto liscio, almeno a giudicare da quanto rileva Stefania Giannini, ministro dell'Istruzione ed esponente di spicco di Scelta civica: «È un po' inconsueto che sia il governo a presentare una proposta di legge su questo tema. Serve che il Parlamento ne discuta per ritoccare e migliorare alcuni aspetti».

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