La segretaria perfetta degli anni Settanta, anello di congiunzione con la working woman di successo degli anni Ottanta, approda sulle passerelle di New York facendoci riscoprire il fascino dell'efficienza, dello stile quieto ed educatamente sexy, della praticità senza sciatteria. Merito di quel geniaccio di Marc Jacobs che per la linea Marc by Marc Jacobs ha costruito un sensazionale guardaroba di gonne a quattro teli con blusa assortita nello stesso jersey a macrofantasie geometriche, pantaloni larghi a mezzo polpaccio sotto al caban doppiopetto, deliziosi scamiciati di linea scivolata, stupende borse a bauletto in vernice luccicante e solide scarpe a decolleté fascianti sul malleolo. Tutte le modelle avevano i capelli sciolti e gonfi di Melanie Griffith in «Una donna in carriera», le labbra laccate di rosso e i grandi occhialoni con le lenti colorate: un'immagine deliziosa. Il pubblico in sala stava per decretare la standing ovation ma lo stilista è scappato via di corsa perché pare sia molto in ritardo con la collezione principale. Non a caso la sfilata di Marc Jacobs è stata rimandata a giovedì sera con la scusa del maltempo che nei giorni scorsi ha provocato notevoli disagi alla fashion week newyorkese. Detto questo da noi sarebbe impensabile una cosa del genere: scoppierebbero inutili polemiche per via di quel clima da tutti contro tutti che non produce mai niente di buono. Sarebbe invece tempo di fare fronte comune e lavorare sodo anche perché gli americani stanno crescendo tanto e a volte molto bene. È il caso per esempio di Tory Burch, quarantasettenne signora dell'Upper East Side che ha costruito un piccolo impero del lusso e della femminilità partendo da un paio di ballerine con il logo a medaglione dorato sulla punta. La sua collezione in passerella nei saloni barocchi dell'hotel Pierre, era un perfetto abbecedario sull'arte di decorarsi delle donne. La signora è partita dall'oro di Gustav Klimt e dalla grafica del secessionismo viennese, poi ha fatto un'incursione nel mondo incantato dell'art Nouveau prendendo in esame il bestiario fantastico di Renè Lalique per costruire una donna impeccabile con lo stesso vestito dal mattino alla sera. Anche in questo caso c'è il pratico ensemble di gonna e camicetta impreziosito però da straordinari bijoux: scarabei riprodotti sulle stampe degli abiti e sulle fibbie gioiello delle borsine da sera o evocati dalla pelle luccicante di scaripe nello stesso verde iridescente del guscio. Molto diversa ma sempre interessante, la collezione di Donna Karan è una specie di partita a scacchi in sette mosse per vincere un premio chiamato sensualità. «Ci vuole un body in jersey, un poncho di camoscio, dei bellissimi pantaloni, l'abito scolpito addosso, i tacchi alti, la giacca ben tagliata e un uomo da amare» recita la grande stilista americana abbracciando Uma Turman che deve aver incontrato un chirurgo plastico armato di katana come Kill Bill. Fantastica la collezione MM6 di Margiela con un'ispirazione surreale che parte dalle olimpiadi invernali di Helsinki nel 1953 e arriva al mosaico sul pavimento parigino della maison.
Hache, marchio italiano disegnato da Manuela Arcari, mescola lo stile grunge con lo skateboarding degli anni Novanta. Non si capisce bene cosa voglia dire ma il risultato è molto carino con i pantaloni sotto alle gonne e i cappotti con un inserto staccabile di montone rosa preso dall'interno degli Hugg.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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