Il rilancio del Pdl parte dalla guerra del Nord: «È la locomotiva d'Italia»

MilanoMeno sprechi, meno debito, meno tasse. Il Pdl prova a far quadrare il cerchio, fra gli scandali delle regioni (bianche o rosse) e la scadenza elettorale di primavera. Lo fa ripartendo dalla «guerra del Nord». Una battaglia per il buon governo, e una sfida - raccolta, più che dichiarata - con gli (ex?) alleati della Lega, oggi al comando di due delle più importanti giunte del Settentrione. «Prima il Nord» è il mantra del Carroccio. «Dal Nord per far crescere l'Italia», ha idealmente risposto ieri a Milano il segretario Angelino Alfano. Uno scarto grammaticale che è anche di prospettiva. Ma è soprattutto al blocco sociale dei produttori che pensa il movimento, per ritrovare se stesso e per guardare avanti. «Il Nord è la locomotiva del Paese», ha avvertito Alfano. L'Italia ripartirà quando riparte il Nord, che non chiede niente - ha spiegato - non «sussidi, aiuti o incentivi». Non chiede soldi ma regole. Anzi, «meno regole. Poche, chiare, efficienti». La partita, è chiaro, si gioca sull'economia: politiche industriali e fisco. «Non dobbiamo inseguire gli evasori con i cani - ha spiegato - Vogliamo il ridimensionamento dei poteri di Equitalia non per diminuire la lotta all'evasione ma per farla in modo diverso». L'idea è «scaricare bene, scaricare tutto». E chi chiede conto al centrodestra del «non fatto» può essere servito: «Abbiamo fatto tutto? No, abbiamo fatto tutto il possibile». Poi è piombata sul Paese e sull'Europa una crisi senza precedenti, e chi è arrivato dopo - ha spiegato Alfano - le tasse le ha aumentate davvero. Monti dunque: «In democrazia il voto conta qualcosa, stabilire cosa accadrà dopo a prescindere dal risultato del voto non è un esercizio democratico». L'attuale premier - ha convenuto il segretario - ha il profilo e l'autorevolezza per essere candidato ad ogni incarico, anche europeo, Commissione e Consiglio europeo, ma non spetta a me ed in ogni caso è prematuro». Una certezza però c'è: «Quando noi pensiamo al motore dell'Italia pensiamo alle imprese, ai commercianti e agli artigiani. La sinistra pensa alla Cgil». Renzi compreso. È stato citato spesso, lo sfidante delle primarie del Pd. Ma con un certo disincanto. «Dice cose che condivide con noi, ma in un campo in cui sono irrealizzabili». Il Pdl riparte da Nord e imprese, e sa che per essere governato, il Paese ha bisogno d'essere riformato. Regioni comprese, ovviamente. Troppe e pletoriche oggi. «Tre macroregioni» propone il governatore Roberto Formigoni. Incassa l'ok del partito. Anche del collega Renzo Tondo, che con il suo Friuli Venezia Giulia può rivendicare sobrietà ed efficienza: non solo la rinuncia a 300mila euro di «stipendio» come commissario per i lavori alla A4, ma anche il 37% di debiti in meno. Come si fa? Buon senso - ha spiegato - si accantonano gli avanzi di bilancio invece di cedere a richieste varie. «Sono indignato dagli sprechi delle Regioni» ha avvertito d'altra parte Alfano - saremo durissimi. Ogni volta che scopriremo che uno dei nostri ha sbagliato lo cacceremo».
Dunque il convegno della fondazione «Liberamente» nel cuore di Milano è stato anche l'occasione per rivendicare la buona amministrazione di tanti. E per dire no a troppi qualunquismi: «C'è il rischio di un nuovo centralismo» ha avvertito la padrona di casa, Mariastella Gelmini, salutata come un ministro capace di portare fino in fondo una riforma vera - la scuola. Ripartendo dal Nord, il Pdl prova anche dei rimpianti: «Non solo teniamo la Lombardia - ha detto il coordinatore regionale del Piemonte Enzo Ghigo - ci riprendiamo Veneto e Piemonte».

E covando qualche problema fra ex, ai rimpianti degli ex Forza Italia corrispondono i malumori degli ex An, che non si sono fatti vedere salvo qualche rara eccezione. Ma, malumori a parte, la sfida è aperta. «Tocca ancora a noi» ha concluso la Gelmini.

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