di Avete ragione voi del Giornale, ci vuole innanzitutto coraggio. Perché la proposta di riforma semipresidenziale annunciata da Silvio Berlusconi e Angelino Alfano è troppo seria per essere derubricata, come stanno tentando di fare molti autorevoli dirigenti del Pd, e non solo, a una sorta di «grande spettacolo dopo il weekend» elettorale. O, come insinua Gianfranco Fini, a una trovata tattica per difendere lesistente. E, oltre al coraggio, ci vuole onestà, politica e intellettuale per intavolare la discussione.
Il punto di fondo è lo stesso da oltre trentanni: lesigenza di riforma delle istituzioni repubblicane è un bisogno condiviso lesperienza di tre commissioni bicamerali ce lo ricorda - così come è condivisa lesigenza di cambiare la legge elettorale. E sotto questo profilo la nostra proposta ce lo concedano i critici ha il pregio della chiarezza e della organicità. A meno che i tanti improvvisati soloni della democrazia pensino che allantipolitica, allastensionismo, alla secessione silenziosa tra popolo e politica, allemergere di spinte centrifughe che minano le ragioni stesse dello stare assieme nazionale, insomma alla febbre del Paese si possa rispondere con qualche aspirina, come lintroduzione delle preferenze in Italia sinonimo di corruzione o con qualche modifica irrisoria.
Giova ricordare i tanti appelli del capo dello Stato: da questa fase si esce con un vero spirito costituente, il che significa riformare le istituzioni e rilegittimare la politica, dando ai cittadini una democrazia più matura e una forma di governo al passo con i tempi. E mostrare che i partiti, carne e sangue della nostra democrazia, hanno non solo lattitudine allascolto delle esigenze del Paese ma anche il talento di trovare punti di intesa tra loro, in nome dellinteresse nazionale. E qui siamo al tema di fondo, su cui unintera classe dirigente è chiamata a unassunzione di responsabilità. Noi abbiamo detto: il modello francese - elezione diretta del capo dello Stato, doppio turno è il più efficiente per lItalia per una serie di ragioni più che note: non mortifica il parlamentarismo; soddisfa quellesigenza di governabilità e di velocità nel processo legislativo che ha spinto tutti i governi, da quello Prodi al nostro, a un frequente ricorso alla decretazione durgenza, come spesso ci ha ricordato, bacchettandoci, il capo dello Stato. Diciamocelo francamente: il Paese è pronto. Lo ha fatto capire negli ultimi anni regalando alti tassi di popolarità a tutti i presidenti della Repubblica. Lo ha fatto capire, mi sia perdonata la semplificazione, mostrando di apprezzare la moral suasion, ma anche la capacità di indirizzo politico e non solo di garanzia di questo presidente, molto attivo se autorevoli commentatori hanno battezzato il governo Monti proprio come «un governo del presidente».
E allora se il Paese è pronto, le forze politiche non possono essere indifferenti. Ci vuole, appunto, coraggio e onestà. Il giorno prima della conferenza stampa di Berlusconi e Alfano, Massimo DAlema, in unintervista allEspresso ha affermato: «Se venisse proposto il modello francese, il semipresidenzialismo, lelezione diretta del presidente della Repubblica, non avrei nulla in contrario. Alla Bicamerale era lipotesi di riforma costituzionale su cui stavamo lavorando». Bene. Ma allora perché quando Berlusconi e Alfano hanno ufficializzato la proposta il segretario del Pd ha affermato che non ci sono le condizioni? Insomma, e siamo al solito riflesso antiberlusconiano, unidea giusta diventa sbagliata se a proporla è Berlusconi. E così linteresse generale viene piegato al tatticismo di partito. Di fronte a un tale atteggiamento è inaccettabile laccusa che ci viene rivolta di voler difendere lesistente. Così come è assolutamente poco convincente la tesi, sostenuta dal presidente della Camera, che non ci sarebbero i tempi tecnici per varare insieme la riforma elettorale e quella costituzionale.
Il presidente Schifani ha già chiarito come il problema sia la volontà, e non il tempo.
*portavoce nazionale vicario Pdl
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