«Piuttosto che una cattiva riforma, è meglio non farne nessuna». Il mondo delle imprese mette in guardia il governo: le modifiche della riforma del lavoro sono «inaccettabili», soprattutto la retromarcia sullarticolo 18. A dar voce alla protesta degli industriali potrebbe essere già oggi Emma Marcegaglia, che nel pomeriggio parteciperà alla presentazione di un rapporto alla Luiss.
Rabbia e delusione: è questo infatti il sentimento prevalente negli ambienti imprenditoriali, che, ancora prima della conferenza stampa del premier Mario Monti e del ministro del Lavoro, Elsa Fornero, sono venuti a conoscenza, attraverso un fitto scambio, anche notturno, di telefonate, delle modifiche che il governo avrebbe annunciato. E già dal mattino hanno affidato il loro giudizio negativo a una nota firmata congiuntamente dallassociazione bancaria Abi, lAlleanza delle Cooperative Italiane, lassociazione delle imprese assicurative Ania e Confindustria. «Siamo molto preoccupati per le notizie che stanno trapelando in merito alla riforma del mercato del lavoro», hanno avvertito: e «se dovessero trovare conferma non può che ribadirsi che al Paese serve una buona riforma e che, piuttosto che una cattiva riforma, è meglio non fare alcuna riforma».
La conferma, come è noto, è arrivata, e il malessere degli imprenditori, naturalmente, è peggiorato. «Non è il verbale che abbiamo firmato a palazzo Chigi», ripetono. In particolare, a irritare il mondo imprenditoriale e bancario è il fatto che le modifiche siano state apportate dopo un vertice politico e non già in Parlamento «la cui sovranità nessuno avrebbe messo in discussione», spiegano ancora. I motivi dellopposizione sono chiari: «Limpianto complessivo della riforma - sottolinea il mondo delle imprese nella nota - già irrigidisce il mercato del lavoro riducendo la flessibilità in entrata e abolendo, seppur gradualmente, lindennità di mobilità, strumento importante per le ristrutturazioni aziendali». Per gli imprenditori«queste maggiori rigidità trovavano un logico bilanciamento nella nuova disciplina delle flessibilità in uscita». A fronte di questo equilibrio, «Confindustria, Abi, Ania, Alleanza delle Cooperative e le altre organizzazioni imprenditoriali si erano risolte a sottoscrivere il verbale, proposto dal Presidente del Consiglio, che concludeva il confronto tra le parti». Ma, sottolineano, «le modifiche che oggi vengono prospettate, in particolare la diversa disciplina per i licenziamenti di natura economica e quella che va complessivamente configurandosi per i contratti a termine, vanificano il difficile equilibrio raggiunto e rischiano di determinare, nel loro complesso, un arretramento piuttosto che un miglioramento del nostro mercato del lavoro e delle condizioni di competitività delle imprese, rendendo più difficili le assunzioni».
Più conciliante Rete Imprese Italia - lunione di Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti -, che chiede una nuova convocazione delle parti sociali, in cui il governo «illustri le modifiche approntate alla riforma del mercato del lavoro, prima che il testo venga varato nel Consiglio dei ministri».
Dal canto suo, lad di Fiat, Sergio Marchionne ribadisce completa fiducia nel governo: «Larticolo 18? Questa è una questione che deve gestire Monti con il suo governo. Come ho già detto, per quello che posso dare appoggio a Monti glielo darò. È un lavoraccio, un impegno enorme quello che si è preso».
Sul fronte sindacale, la leader della Cgil Susanna Camusso attende la lettura del testo per una valutazione definitiva, mentre Cisl e Uil apprezzano le modifiche. «Mi pare che la questione che ci preoccupava di più è stata definita in modo ragionevole», commenta Raffaele Bonanni. In linea il leader Uil Luigi Angeletti.
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