Un processo dall'esito segnato, perché condotto da una Procura scorretta davanti a giudici prevenuti. Questo, in sostanza, è il processo Ruby per i difensori di Silvio Berlusconi. Un processo dove si sono «dispensati giudizi morali» e non si sono portate prove; dove «gli unici testimoni credibili sono quelli dell'accusa, e tutti gli altri mentono perché pagati»; dove si è scelta la strada della «spettacolarizzazione delle udienze» a discapito del rigore delle procedure, il «travisamento della realtà processuale» invece del confronto leale per approdare a una «richiesta di pena stratosferica». Un processo governato dalla «logica del sospetto in base alla quale si può sostenere qualunque cosa», degno coronamento di una inchiesta a senso unico, in cui non si è scavato su nessuno dei reati che emergevano man mano - dagli stupri al traffico di droga - perché interessava solo indagare su Berlusconi». E, soprattutto - come dice Piero Longo, nell'accusa forse più pesante lanciata contro i pm - «un processo politico».
Impiegano sette ore, Ghedini e Longo, per tirare le somme di un processo durato più di due anni. Lo fanno, per loro stessa ammissione, convinti che sarà tutto inutile. Questo tribunale, come la Corte dei «diritti tv», è affetto da un pregiudizio colpevolista ampiamente dimostrato, e contro il quale Berlusconi ha chiesto invano alla Cassazione di spostare il processo a Brescia. Insomma, su come andrà a finire la giornata cruciale del 24 giugno, quando dopo le ultime repliche il giudice Giulia Turri e le sue colleghe si ritireranno per decidere, i legali di Berlusconi non si fanno illusioni. La Procura ha chiesto la condanna del Cavaliere per entrambi i reati contestati - concussione e prostituzione minorile - a sei anni di carcere e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. E così, anno più, anno meno, Ghedini e Longo pensano che andrà a finire. Ma ci tengono a dire al tribunale che se questo accadrà, accadrà in violazione del diritto e in spregio di quanto emerso nell'aula del processo durante le infinite udienze. «Colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio», così Ilda Boccassini ha definito Silvio Berlusconi. «Ma come si fa - le ribatte ieri Ghedini - a dire una cosa simile? È incredibile che si possa sostenere una accusa di concussione davanti a quanto è stato documentato. Ma certo, questo è un processo a Silvio Berlusconi, e a lui si può fare anche questo».
Non si tratta di dare giudizi morali su quanto avveniva ad Arcore, dice Ghedini: e se anche fosse vero il quadro «indubbiamente colorito» che Ruby, la presunta vittima, ha tracciato nei suoi interrogatori (poi ritrattati) ai pm, «anche in quel caso non c'è traccia di reati commessi da Silvio Berlusconi, al massimo è Nicole Minetti che cerca di baciare Ruby sulla bocca. Con Berlusconi, sempre e comunque, Ruby ha escluso di avere avuto rapporti sessuali, e di avere ricevuto denaro per farlo. È questo il dato incontrovertibile». Il problema, dice Ghedini, è «la ricostruzione psicologica e morale che voi volete fare della figura di Silvio Berlusconi». «Secondo la procura andando a frugare nella vita di Berlusconi ne sono usciti tutti i mali: mentre secondo noi non può che uscirne una immagine positiva nonostante il tentativo che vi è stato di distruggerla».
Ancora meno degli incontri mercenari tra il Cavaliere e Ruby, secondo i legali è stato provato il primo e più pesante capo d'accusa, la concussione ai danni dei vertici della questura milanese per ottenere il rilascio della ragazza, la notte del 27 maggio 2010. E qua Ghedini dà forse il meglio di sé, perché snocciola un elenco interminabile di casi in cui lo stesso pm minorile che oggi sostiene di essersi opposta al rilascio di Ruby, Annamaria Fiorillo, diede il via libera alla liberazione senza condizioni persino di bambini di dodici anni.
«Assoluzione con formula piena perché i fatti non sussistono», è alla fine la richiesta dei due legali del Cavaliere. Non ci speriamo, dicono, non crediamo che finirà così. Ma, sotto sotto, forse sanno anche loro che la partita non è davvero persa.
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