Dopo l’ultima pronuncia dell’Antitrust a inizio settimana, la soluzione del problema delle concessioni balneari diventa sempre più urgente. Sono state già negate le proroghe per quelle concessioni scadute nel 2024 e l’Europa è alle porte con una procedura di infrazione di fronte alla quale anche il presidente Sergio Mattarella sarebbe costretto ad alzare le mani. Nell’agenda di Palazzo Chigi, quindi, il destino dei balneari resta una priorità. E mentre l’ufficio legislativo del ministro degli Affari europei e della coesione, Raffaele Fitto, è impegnato nell’individuazione di un decreto «salva-infrazioni», un aiuto concreto viene proposto in Parlamento. E precisamente dall’VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) dove, al ritorno dalla pausa estiva, verrà discussa una risoluzione proposta dall’azzurra Erika Mazzetti. Una risoluzione che, una volta approvata, impegnerebbe il governo a introdurre un articolo del codice degli appalti riguardante proprio le concessioni balneari. Un articolo che sostituirebbe il cosiddetto «regime concessorio» con la formula del partenariato pubblico-privato, che proprio nel codice degli appalti è già stata introdotta.
L’idea è quella di vincolare i titolari delle concessioni, altrimenti chiamati a gare pubbliche, a onorare l’impegno di realizzare opere d'interesse per la comunità, tra le quali quelle per la tutela e sostenibilità ambientale. L’idea, come spiega la stessa Mazzetti, risponde «a un modo di concepire la politica non come elargizione di bonus o agevolazioni ma come individuazione di strumenti idonei a risolvere problemi e a sostenere lo sviluppo economico». «Spesso i tratti di arenile interessati dalle concessioni - spiega la parlamentare azzurra - hanno bisogno di onerosi lavori di miglioramento: come opere di sostegno contro l’erosione della costa, accesso ai disabili, e opere in difesa di biodiversità ed eco-sostenibilità». Il privato che accetti di investire sostituendosi allo Stato in questi lavori di pubblica utilità verrà proprio esonerato dalla gara proprio grazie al partenariato pubblico-privato.
In questo modo si potrebbe superare l’impasse in cui la direttiva Bolkenstein ha gettato i nostri balneari. E questo risultato lo si otterrebbe proprio ottemperando un principio della stessa direttiva comunitaria laddove specifica che «la stessa non si deve applicare a servizi non economici di interesse generale». «A norma di legge – assicura Mazzetti – si può fare e sono convinta che sia la soluzione politica migliore per conciliare le esigenze di tutti, senza più andare al muro contro muro, affrontando il passaggio con una visione liberale e garantista».
«Il partenariato pubblico-privato – ricorda Mazzetti – porta con sé una visione moderna dei rapporti tra imprese e Stato e ha il vantaggio di essere già disciplinato. Non è ancora sfruttato al massimo e serve un cambio culturale: gli investitori possono impegnare le risorse, avere un equo guadagno, la collettività avere dei benefici in termini di gestione di un patrimonio comune».
Problemi di difficile (almeno dal punto di vista economico) soluzione come la realizzazione di impianti di dissalazione o la raccolta differenziata della spazzatura in aeree da preservare per la loro biodiversità verrebbero messi nelle mani degli stessi titolari delle concessioni, in grado di fare investimenti che realizzerebbero le opere di interesse come senza rinunciare al loro vantaggio imprenditoriale.
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