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Schlein e la grana De Luca: ora la guerra nel Pd entra alla Camera

La segretaria del Partito Democratico ha rinviato per tre volte consecutive l'assemblea che doveva deliberare l'ufficio di presidenza del gruppo parlamentare. Riuscirà a fare pace con il governatore?

Schlein e la grana De Luca: ora la guerra nel Pd entra in Parlamento

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Sancire una pace politica con Vincenzo De Luca non sarà esattamente un obiettivo alla portata di mano per Elly Schlein. La segretaria nazionale del Partito Democratico, da quando ha vinto le primarie lo scorso 26 febbraio, sta portando avanti uno scontro interno (più o meno nascosto pubblicamente) contro il presidente della Regione Campania per potere frenare sue possibili mire espansionistiche in vista di un possibile tris da governatore nel 2025. Ora, però, sembrerebbe lanciare un ramoscello di ulivo nei confronti dell'ex sindaco di Salerno attraverso un attorcigliato e confusionario gioco di poltrone, forse anche dettato dalla paura di perdere in un colpo solo tutte le uniche quattro regioni ancora rimaste nelle mani del Pd.

L'occasione è il travagliatissimo via libera all'ufficio di presidenza del gruppo parlamentare del partito alla Camera dei Deputati. Una questione che è stata rimandata per tre volte consecutive negli ultimi giorni. All'ordine del giorno, infatti, c'è la scelta dirimente di vice-capigruppo, tesorieri e delegati d'Aula dem. Schlein starebbe seriamente pensando di confermare di Piero De Luca come vicepresidente del gruppo parlamentare del Pd: un modo per inviare un messaggio di pacificazione al potente padre dopo le asprissime polemiche dialettiche seguite dal commissariamento a Caserta e in Campania del Partito Democratico.

Il gattopardismo della Schlein

Uno smacco che il governatore Vincenzo ha maldigerito, per utilizzare un eufemismo. Per dirla come un vecchio celebre proverbio utilizzato maldestramente da Romano Prodi negli anni '90, nel Pd sono "volate polpette sotterranee avvelenate". Certo: per il 'sindaco sceriffo' avere a che fare con i commissari Susanna Camusso e Antonio Misiani non deve stata una prospettiva di vita eccitante. Tant'è che si mise a esclamare a caldo, dopo la nomina dei due: "Il destino della Campania si decide in Campania, non da altre parti. Né a Roma, né alle Nazioni Unite". Ma adesso tutto rischia di farsi ancora più arzigogolato, con trame di potere e lotte fratricide tra le varie correnti. Perché questo possibile (semi)dietrofront della Schlein non piace per niente dentro il partito.

La sinistra interna al partito ha fatto sapere alla segretaria di essere in totale disaccordo con la proposta messa nero su bianco dal capogruppo, Chiara Braga. Un'idea di lavoro che prevedeva - oltre alla conferma di De Luca junior al suo posto - l'inserimento del senatore Alfredo Bazoli come sostituto di Alessandro Alfieri. Anche i (pochi) riformisti rimasti hanno minacciato di votare contro.

Uno scenario da incubo, che rischiava di confermare il fatto che la (presunta) ritrovata unità del Pd dopo il primo turno delle amministrative sia solo un miraggio. Per una leadership sempre più debole (seppur nata da pochissime settimane) e che sembra già essersi immersa a piene mani nel gattopardismo di Tomasiana (di Lampedusa) memoria.

Oggi, secondo quanto emerso da una nota del Partito Democratico, i deputati si riuniranno per eleggere l'ufficio di presidenza del gruppo a Montecitorio. Per parafrasare un vecchio adagio di Matteo Renzi: per il Pd, sarà la (s)volta buona?

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