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La vittoria della Schlein sposta il Pd tutto a sinistra, incubo (ennesima) scissione in casa dem

Nelle primarie del Pd il radicalismo dell'ex assessore dell'Emilia-Romagna batte a sorpresa il moderatismo di Bonaccini e ribalta il voto nei circoli: è lei la prima segretaria del Partito Democratico: "Lavoreremo insieme per l'unità". Renzi e Calenda ora si aspettano di accogliere i "transfughi" piddini

La vittoria della Schlein sposta il Pd tutto a sinistra, incubo (ennesima) scissione in casa dem

Alla fine il risultato è stato clamoroso: Elly Schlein vince il ballottaggio contro Stefano Bonaccini e diventa il nuovo segretario del Partito Democratico. Con il voto dell'Assemblea nazionale dei prossimi giorni sarà ufficialmente la prima leader donna del più importante movimento politico di centrosinistra in Italia. Un esito che, se da un lato farà piacere a tutto quel mondo di sinistra e dei 5 Stelle che ora sogna un Pd decisamente più teso verso il radicalismo movimentista, inevitabilmente provocherà un'ennesima spaccatura interna e forse una fuga verso il Terzo polo di Calenda e Renzi. Con il voto di domenica il Partito Democratico getta definitivamente la maschera e abbandona per sempre quel riformismo che, con la vittoria di Bonaccini, sarebbe stato decisamente più facile da intraprendere. Non solo: ma, per la prima volta nella storia del Pd, le primarie aperte ribaltano completamente l'esito del voto nei circoli. E questo non sarà assolutamente un elemento da sottovalutare.

Schlein: "Non ci hanno visto arrivare"

Bonaccini ha subito concesso la vittoria poco prima di mezzanotte e lei ha prontamente ringraziato il suo competitor che, fino a pochissimi mesi fa era anche il suo presidente di Regione (Schlein era sua vice a Bologna). "Vi sono immensamente grata, perché insieme abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione. Anche stavolta, non ci hanno visto arrivare", è la stoccata dell'ex deputata europea, la quale racconta di avere incontrato una signora anziana ai gazebo che le avrebbe detto: "Erano 90 anni che aspettavo di votare una leader donna". Si apre quindi una sfida politica tutta al femminile tra il capo del governo, Giorgia Meloni, e il nuovo leader dell'opposizione, Elly Schlein. Neanche il tempo di festeggiare che quest'ultima torna ad attaccare (nuovamente) a spron battuto l'esecutivo di centrodestra: "Saremo un problema per il governo Meloni; daremo un contributo a organizzare le opposizioni a difesa dei poveri, contro un governo che li colpisce, saremo a difesa della scuola pubblica nel momento in cui il governo tace davanti a una aggressione squadrista. Staremo a fare e barricate contro ogni taglio alla sanità".

Figura troppo orientata a sinistra

Alla vigilia del voto la Schlein veniva data sfavorita contro Bonaccini perché, anche nel proprio elettorato di riferimento, veniva percepita come "nicchia" e, dunque, troppo identitaria e ideologica per potere condurre il Partito Democratico al successo. Seppur considerata ai più troppo divisiva e ancora troppo ancorata a un radicalismo di sinistra spesso esasperato – che alle urne è sempre uscito puntualmente battuto – sarà però proprio Schlein a guidare il Pd. E dire che il suo percorso politico non è sempre stato molto lineare.

Fu proprio lei che otto anni fa lasciò il partito allora guidato da Matteo Renzi per aderire successivamente a Possibile, il movimento di ispirazione eco-socialista fondato da Giuseppe Civati: in un post su Facebook annunciava il proprio dissenso con la linea politica adottata dall'allora segretario e presidente del Consiglio, definendola "di centrodestra". Quella stessa linea "di centrodestra" le aveva però permesso un anno prima di venire eletta deputata europea grazie al 40% abbondante che il tanto vituperato Renzi aveva assicurato ai dem nelle elezioni per il Parlamento di Bruxelles e Strasburgo. Sicuramente, invece, fu tutto suo il successo di preferenze che acquisì alle Regionali in Emilia-Romagna nel gennaio 2020: i 22.098 voti personali con la lista elettorale "Emilia-Romagna Coraggiosa Ecologista e Progressista" non solo la fecero eleggere consigliera, ma contribuirono a far sì che venisse nominata da Bonaccini sua vice e assessore al Welfare.

Schlein e i fuoriusciti verso Renzi e Calenda

Fu a partire da quell'appuntamento elettorale che Schlein cominciò ad attirare simpatie verso di sé da parte di diversi radical-chic, affascinati soprattutto (per non dire esclusivamente) dalle sue battaglie movimentiste a favore dell'ambiente e dei diritti civili. Tanto da fare esclamare a loro lo slogan trito e ritrito che i frequentatori dei salotti buoni delle metropoli riciclano ogni qualvolta intravedono il possibile 'salvatore della Patria', ovvero: "La sinistra riparta da Schlein". La stessa frase era stata utilizzata qualche mese prima nei confronti di Aboubakar Soumahoro; e soltanto questo elemento dovrebbe fare riflettere sul fatto che questa formula non portasse esattamente molta fortuna. Ma Schlein è "testarda" da questo punto di vista e decide strenuamente di candidarsi a segretaria del Pd, previa re-iscrizione nel medesimo partito appena due mesi fa.

Voleva mostrarsi come il "volto giovane" della sinistra, ma gli endorsement dei vari Dario Franceschini, Pierluigi Bersani, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti e Francesco Boccia di certo non aiutano a svecchiare l'immagine nuova che vorrebbe dare al Nazareno. Il primo di questa lista - sicuramente determinante nel triondo - ieri sera era euforico: "Un'onda travolgente cui nessuno credeva. Un'onda di speranze, di rabbia, di orgoglio, di entusiasmo che ha portato il popolo democratico a scegliere di farsi guidare verso il futuro da una giovane donna. Oggi inizia davvero una nuova storia". In suo sostegno sono arrivati anche diversi appartenenti dello show biz: Gabriele Muccino, Paola Turci, Oliviero Toscani, Claudio Amendola, Lino Guanciale tra gli altri, senza dimenticare i post di apprezzamento su Instagram di Selvaggia Lucarelli. In ogni caso, al pragmatismo di Bonaccini è stato invece la novità incarnata da Schlein (classe 1985) ad avere la meglio, favorita certamente dal radicamento delle correnti del partito.

La pesante disfatta del presidente della Regione Emilia-Romagna probabilmente determinerà la fuga di diversi esponenti di spicco, a partire dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che con tutta probabilità andrà a riabbracciare quel Matteo Renzi che lo mise nelle condizioni migliori per iniziare la sua esperienza politica attiva nel 2014. La sensazione è che il primo cittadino bergamasco non sarà l'unico.

Le porte del Terzo polo si apriranno a breve e l'incubo di un’ennesima scissione in casa Pd è solo dietro l'angolo.

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