Sciopero degli universitari contro la riforma Bernini: perché protestano e cosa prevede il ddl

Circa 35mila precari universitari scioperano contro una riforma ferma in Parlamento, accusata di aumentare la precarietà. Ma il provvedimento non è ancora all’esame del Parlamento

Sciopero degli universitari contro la riforma Bernini: perché protestano e cosa prevede il ddl
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Uno sciopero contro un "nemico" che non c'è. I precari delle università hanno incrociato le braccia per protestare contro il ddl di riforma del sistema di arruolamento voluto dalla ministra Anna Maria Bernini. Un ddl che vorrebbe concedere maggiore flessibilità per l'impiego dei giovani studiosi all'interno di dipartimenti e facoltà universitarie. Il principio, ricordato dalla stessa ministra, è quello del confronto con il vigente modello del contratto di ricerca. "Un vestito che ha una sola taglia" e che quindi dovrebbe andare bene a tutti. Proprio per questo, però, lascia molti scontenti e mette le università nelle condizioni di non poter reclutare forze nuove (o semplicemente premiare i più valenti tra i suoi ex studenti). Contro questo modello si sono fermati in 35mila. Spalleggiati da molte sigle sindacali. Peccato che il nemico non c'è. Il ddl, infatti, per il momento è bloccato e non si prevede al momento di riaprire a breve il suo iter parlamentare.

Ad oggi circa una persona su tre che lavora in università è precaria e la riforma Bernini «invece di costringere i dipartimenti a sottoscrivere dei contratti veri, moltiplica le figure precarie che sono equiparabili a dei beneficiari di borsa di studio quindi figure che hanno ancora meno diritti e tutele di chi, come me, ha un assegno di ricerca», spiega Walter Toscano, uno degli animatori della protesta. Le condizioni attuali dei giovani studiosi, però, dipendono da un quadro giuslavoristico maturato anni addietro. Oggi è valido soltanto un contratto di ricerca. Si tratta di un disegno voluto dal Pd (e spalleggiato dalla Cgil) durante il governo Draghi. Il Miur ha già raccolto numerosi voci di allarme e preoccupazione di varie università e istituzioni di ricerca perché un unico strumento contrattuale, oltre a non avere riferimenti in altre parti del mondo, è troppo rigido per inquadrare correttamente le varie figure inerenti alla ricerca. Il quadro attuale, secondo rettori e presidi, non sta contribuendo a superare il precariato ma a cancellare i precari.

I precari però soltanto ora protestano. Mentre il governo, proprio grazie alle iniziative della ministra Bernini, ha già disposto negli ultimi due anni e mezzo tutta una serie di strumenti per aiutare il mondo della ricerca. Si va dai 50 milioni per un bando per l’attrattività di ricercatori stranieri o italiani operanti all’estero ai 475 milioni (150 in più rispetto alla precedente versione fanno sapere da ministero) sul bando del Fondo italiano per la scienza.

fino ai 94 milioni stanziati la scorsa settimana agli enti di ricerca per progetti specifici (come il potenziamento delle attività di monitoraggio sismismo e vulcanico dei Campi flegrei) e per l’ammodernamento di strutture e macchinari (tra cui la nave rompighiaccio Laura Bassi).

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