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Lo sciopero è morto, ucciso dal dio pallone il commento 2

di C'è molto di più di una curiosa stranezza nella notizia che ieri a Milano lo sciopero dei trasporti è stato annullato per non creare disagi alla partita Italia-Germania dopo una semplice richiesta del prefetto. L'episodio si presta a numerose letture che alla fine portano a considerare lo scenario di rassegnazione che pare abbia pervaso la società e al contempo fa gettare la maschera allo strumento dello sciopero estemporaneo, ormai del tutto superato come metodo di protesta. Le agitazioni nei trasporti sono sempre state una pagina ingloriosa nella fornitura di servizi dello Stato ai cittadini: sia che si parlasse di aziende comunali, come è il caso della milanese Atm, protagonista dell'inedita «revoca calcistica», sia che gli scioperi venissero indette dalle sigle nazionali, alla fine si aveva un'asimmetria tra i danneggiati e i datori di lavoro che non venivano a coincidere. Il cittadino lasciato orfano ad una fermata era del tutto incolpevole e il ministro o assessore competente spesso non aveva mai messo piede su un mezzo pubblico. Un modo zoppo per danneggiare chi non c'entrava nulla per ottenere un aumento da chi non era danneggiato. Cosa è cambiato? Come mai nonostante la crisi le ore di sciopero non sono impennate ma si sono attestate su un modesto +4% nel 2012 rispetto all'anno precedente? Da cosa deriva questo fair play che vede il sindacato concordare amichevolmente col prefetto la sospensione persino nel settore che rimane tuttavia il più «agitato», vale a dire quello dei trasporti locali? Probabilmente la spiegazione è da ricercarsi nella disperazione, nella consapevolezza che il difetto di democrazia che vede la Pa ormai esautorata di qualsiasi potere è ormai chiara anche al sindacato. Solo così si spiega il tono rassegnato della dichiarazione di Walter Galbusera, segretario della Uil lombarda, che propone di istituire degli «scioperi virtuali» che non arrecherebbero danno a cittadini non tutelati da una partita, con le trattenute da versarsi a qualche fondo di solidarietà per gli aiuti alle famiglie disagiate o simili. Un clima da Oxford che farebbe venire l'acetone ai sindacalisti duri e puri ma che la dice lunga su quanto i lavoratori, anche in costanza di contratti scaduti da anni, forse in fondo si sentano ancora fortunati davanti alla marea montante della disoccupazione e allo spettro del taglio degli stipendi, impensabile fino a qualche anno fa e ora sempre più apertamente preteso dall'Europa che lo menzionò sin dalla lettera della Bce di due anni fa. Impossibile che i sindacati non si stiano accorgendo di essere ben avviati sulla via sottile alla «tedeschizzazione» che vide le organizzazioni dei lavoratori zittite dal sussidio di disoccupazione e dai contratti a 400 euro al mese. Il fatto è che i vertici del sindacato non sanno neppure loro con chi protestare: i comuni hanno le casse palesemente vuote (a Milano, replicando la fallimentare ricetta nazionale, la stretta fiscale del sindaco Pisapia ha aggravato la situazione), il ministero non ha più poteri e il governo nel suo complesso deve contare i centesimi, non paga i debiti e comincia addirittura a far dubitare delle pensioni.

La sede più adatta per protestare dovrebbe essere Bruxelles ma chi se lo può permettere un biglietto per il Belgio con il portafoglio ormai svuotato? E poi metti caso che i trasporti per arrivare sotto il Parlamento europeo facciano sciopero? Magari per non rischiare meglio scegliere un giorno in cui c'è la partita.
Twitter: @borghi_claudio

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