Scontro sul crollo dei capannoni «Dramma evitabile». «No, fatalità»

Scontro sul crollo dei capannoni «Dramma evitabile». «No, fatalità»

Quegli operai morti sotto le macerie dei capannoni provocano più dolore e sdegno del terremoto stesso. È possibile che una scossa pur forte faccia crollare edifici costruiti una manciata di anni fa? E quelle strutture potevano essere riaperte a pochi giorni dalla prima scossa sismica avvenuta solo il 20 maggio?
Sembra di no, a giudicare dalle prime indagini condotte da Alberto Pavese, responsabile del laboratorio di simulazioni sismiche della Fondazione Eucentre di Pavia che nei giorni scorsi ha allestito un centro formato da 25 esperti a Cento. Prima del terremoto di ieri, ingegneri e tecnici avevano ispezionato sette capannoni industriali a San Felice al Panaro, una zona vicina all’epicentro del sisma e ne avevano dichiarati inagibili sei. Il 90% delle strutture dunque, era già a rischio prima dell’ultima scossa. E a forte rischio crollo nel caso di una nuova ondata sismica.
Ma mentre i tecnici aspettano di proseguire il lavoro di ricognizione (ora l’area è off limits) sui capannoni, ma anche scuole e ospedali, politici e sindacalisti si fanno la guerra dopo aver contato i morti. Di poche ma durissime parole il ministro del lavoro Elsa Fornero: «È naturale che la terra tremi ma non è naturale che crollino edifici. In altri paesi non succede». Accuse ancora più mirate arrivano da Susanna Camusso, leader della Cgil: «Il fatto che sono di nuovo i lavoratori a lasciarci la vita in queste nuove scosse, mi fa pensare che non si è provveduto alla messa in sicurezza degli stabilimenti prima di far tornare le persone al lavoro». Ha rincarato la dose Raffaele Bonanni che parla di «tragedia evitabile». Per il segretario generale della Cisl: «È inconcepibile che a distanza di così pochi giorni dal precedente sisma, non si sia agito per accertare la reale stabilità e la sicurezza dei capannoni. Quei lavoratori non sarebbero dovuti essere lì ieri mattina». I dubbi sulle condizioni di sicurezza sul lavoro sono tanti ma vengono rinviati al mittente da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. «Non è vero che sono crollati capannoni di carta velina, quelli nel settore della ceramica erano signori capannoni, costruiti con tutti i crismi. Mi sembra che i crolli siano da attribuire alla fatalità». Squinzi ricorda che l’ultimo terremoto avvenuto in quella zona risale al 1570. Ma in pochi giorni la situazione si è ribaltata. E gli esperti non escludono che possano ripetersi altre forti scosse. Ma per Squinzi, non è stato un azzardo riaprire le fabbriche dopo il 20 maggio: «Non sembrava una situazione così drammatica, queste scosse sono veramente sorprendenti». Poi la proposta: «Da questo momento servirà molta prudenza, almeno per i prossimi mesi».
Al segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero la prudenza non basta e invita i lavoratori emiliani a stare fuori dalle fabbriche anche nei prossimi giorni. «La prima urgenza è quella di evitare ulteriori morti - avverte -. I capannoni industriali si sono rivelati delle vere e proprie trappole». La conferma della precarietà di molte strutture industriali arriva anche dal professor Pavese che spiega perché molte costruzioni considerate strutturalmente perfette ora sono a rischio. «Prima del 2003 in questa zona la pericolosità sismica era considerata nulla.

Ed è stata progettata solo in funzione del vento e del peso proprio di ogni edificio. Ora moltissimi edifici andranno revisionati alla luce dei danni che ha provocato il sisma e serviranno settimane di lavoro per metterli in sicurezza».

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