Hanno dato il premio Nobel per la pace all’Unione europea. Non stupisce. Quando non si sa a chi conferire un premio, lo si assegna a chi non esiste. Non è un caso se l’onorificenza fu regalata anche a Barack Obama prim’ancora che cominciasse a lavorare alla Casa Bianca. Un Nobel sulla fiducia, un auspicio, una speranza. Peccato che poi il presidente americano abbia continuato nella politica bellica del suo predecessore, George W. Bush, passato alla storia come guerrafondaio. Lo dimostra il fatto che in Afghanistan il fuoco non sia cessato, e non cesserà presto. Dettagli.
Bisogna riconoscere che da oltre sessant’anni, cioè dalla fine della seconda guerra mondiale, nel Vecchio Continente non avvengono scontri armati, se si escludono le invasioni sovietiche dell’Ungheria e di Praga. Sorvoliamo su Varsavia. Robetta comunista, quindi accettabile. Vero, presidente Giorgio Napolitano?
Detto questo, ricordiamo che oggi, globalizzati come siamo, non usiamo più i cannoni per farci del male, ma la finanza: il risultato finale, morti a parte, è lo stesso. C’è chi perde le penne e chi fa i soldi.Il conflitto in atto in Europa ( e non solo) vede protagonista soprattutto la Germania, more solito . I tedeschi sono bravi, tenaci e ubbidienti, capaci di farsi rispettare, comandano e vincono. Tra poco tempo disporranno dell’agognato Quarto Reich senza aver sparato un colpo. Cosicché dimostreranno urbi et orbi che il Nobel all’Europa in fondo è merito loro. Così sia.
Chi avesse dei dubbi sui destini fatali di Berlino, e di Angela Merkel (fosse nostra...), ascolti o legga il discorso pronunciato ieri a Napoli dal capo dello Stato. «Occorre che l’Europa... partendo dal dato irrinunciabile della moneta comune, seguiti ad andare avanti... sulla strada dell’approfondimento dell’unione economica e monetaria sia nel campo della finanza e delle banche, sia in quello delle politiche economiche e di bilancio. Le innovazioni richieste comportano ulteriori trasferimenti di poteri decisionali e di quote di sovranità; in questo senso si pone ormai la questione degli avanzamenti necessari nel processo d’integrazione anche sul piano politicoistituzionale».
Il linguaggio è quello che è, da ufficio studi che studia poco, ma il senso, sia pure faticosamente, emerge: se l’Italia vuole salvarsi, ceda il timone all’Ue,cioè alla Germania (che conta), rinunci alla propria sovranità, si adatti al ruolo di periferia terrona del Reich, si faccia governare dalla cancelliera, e che Dio ce la mandi buona. Lessico oscuro, concetto chiaro: Napolitano, col silenzio-assenso del suo braccio destro (o sinistro?) Monti Mario, annuncia al popolo che l’Unità d’Italia non basta, occorre calare le brache all’Unione (europea).
Forse non ha torto. Piuttosto che farsi governare dai Franco Fiorito e dai Domenico Zambetti, meglio gettarsi fra le braccia di Angela, con rispetto parlando. Ovvio, per acconsentire al trasferimento di quote della sovranità alla patria della signora teutonica è necessario mettersi l’orgoglio nazionale sotto le suole, ma è sempre meglio che fidarsi dei banchettatori laziali e lombardi, stando con i quali al massimo crescono il debito pubblico e il tasso di colesterolo, ma non certo l’economia e neppure il Pil.
Prepariamoci a cantare Deutschland über alles e a dimenticare La società dei magnaccioni . Affonderà Er barcarolo romano ? Mah! Di sicuro affonderanno i partiti casarecci o nostrali (come direbbe Matteo Renzi). La Merkel è l’unico dio e Napolitano è il suo profeta. Le prossime elezioni saranno una formalità; chi governerà è già scritto nei sacri testi del Quirinale.
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