C'è uno stabilimento a Taranto che forse inquina. Qualcuno dice che anzi è sicuro. Lo dimostrano le morti e le malattie. Solo che gli studi che dovrebbero certificarlo saranno pronti a settembre. Intanto il gip Patrizia Todisco ha deciso che è meglio sequestrare lo stabilimento e chiudere tutto. Questo ormai è quello che da tempo viene chiamato «Caso Ilva». È uno di quei classici dilemmi in cui non esiste una soluzione positiva. Qualsiasi scelta ha un costo alto. Ci perdono tutti. Ci perde la città, ci perde chi perde il lavoro, ci perde il Sud che aspetta da una vita qualcuno che investa e faticherà sempre più a trovarlo. Quella dell'Ilva, sostengono in tanti, è in realtà una questione politica e andava affrontata tanti anni fa. Solo che adesso sta ancora lì e fa un rumore pazzesco. I tecnici ora si sono accorti che il potere giudiziario straborda. Dicono che non spetta ai giudici chiudere lo stabilimento. È una questione ambientale. Tocca al governo e alla Regione. Così i tecnici ricorrono alla Corte costituzionale. Chi comanda su questa faccenda? Si turba anche la Fiom, l'ala rigida della Cgil, che parla di disastro, perché se chiude Taranto si spegneranno anche le fabbriche liguri, quelli di Genova e Novi Ligure. Non hanno torto. È probabile. Ma c'è una decisione del giudice e va rispettata. Il problema è capire dove finisce il potere dei tribunali, dove sta il confine. E in Italia è una questione ancora più antica dell'Ilva. Neppure questa fino a ieri nessuno aveva voglia di risolverla. Una questione seria che ha a che fare con i capisaldi della democrazia e della divisione dei poteri. Quelle cose che dicevano Montesquieu o i filosofi dell'empirismo inglese.
Un gip non può decidere la politica industriale di un Paese. Possibile che l'Italia sia nelle mani di una singola toga? Basta il suo pollice verso per mettere nei guai tanta gente? Sì è possibile. Vale per la Fiat di Pomigliano, vale per l'Ilva, vale per tutto. Ma Patrizia Todisco non è l'eccezione. Fa quello che fanno molti suoi colleghi. Supplenza. Se la politica non c'è scendono in campo i giudici. È così da vent'anni.
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