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Senato, il caos immunità aiuta il partito antiriforme

Interviene Renzi: la norma non è centrale, si può eliminare. Ma i dissidenti Pd insistono: speriamo che non ci sia un patto segreto con Berlusconi sulla giustizia

Senato, il caos immunità aiuta il partito antiriforme

Il pasticcio sulla cosiddetta immunità per i nuovi senatori rianima il fronte anti-riforme, spacca i partiti - Pd in testa - e crea una plateale frattura tra governo e relatori.
La presidente della Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, Anna Finocchiaro, è su tutte le furie e non le manda certo a dire al ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, accusandola di scaricare su chi si è fatto carico del coordinamento del testo le responsabilità. «Cosa vogliono da me? Vogliono dire che la Finocchiaro protegge i corrotti e i delinquenti? Ma stiamo scherzando. È questo il loro giochino? Sono disgustata dallo scaricabarile», attacca su Repubblica. E poi denuncia: «L'esecutivo ha vistato due volte i nostri emendamenti, compreso quello sull'immunità. Conosceva il testo, sapeva tutto. Ha fatto una scelta». Da relatrice, spiega, lei aveva proposto che fosse la Corte Costituzionale a decidere su intercettazioni e arresto dei senatori, ma l'esecutivo si è opposto: «L'emendamento è sparito dal testo perché il governo ritiene che non si debba appesantire il lavoro della Corte costituzionale». Chi lavora alla riforma spiega che il pastrocchio è nato perché nel ddl originario del governo i membri del nuovo Senato erano soprattutto sindaci e le loro competenze più limitate, dunque si era ritenuto di non applicare loro lo stesso criterio di immunità che vige per i deputati. Poi, dopo il lungo braccio di ferro con i fautori di un Senato elettivo, membri e competenze sono stati cambiati e rafforzati, e il Senato è stato ri-equiparato alla Camera sotto il profilo delle garanzie. Anche su richiesta di chi ora attacca l'immunità, come il capogruppo di Fi Paolo Romani e quello dei Cinque Stelle Buccarella, entrambi autori di emendamenti che introducevano per i senatori le stesse tutele dei deputati.
Ora la polemica rischia di allargarsi e di investire anche la Camera: «L'immunità va tolta in entrambi i rami del Parlamento», dice il Pd Damiano, e gli fa eco Calderoli. Il capogruppo dei deputati democrati Speranza frena: «Non mi sembra un problema centrale nella strada verso le riforme. Giusto che il Senato approfondisca». Il governo cerca di tenersi fuori dalla rissa, e Renzi spiega di esser pronto a cancellare quella norma «non centrale» pur di non offrire pretesti a chi vuol far saltare la riforma in dirittura d'arrivo.
I più entusiasti nel cavalcare la polemica sono infatti i nemici della riforma renziana, grillini e dissidenti Pd. I famosi quattordici senatori frondisti, spariti dai radar dopo il rinnovato patto Pd-Fi, sono tornati a tuonare anatemi contro il governo, insinuando torbidi dubbi: «Sono scandalizzato», si indigna Vannino Chiti, che invita Renzi a «rendere pubblici tutti i termini del patto del Nazareno, così ci togliamo il sospetto di scambi indicibili».

Non è da meno l'ex pm Felice Casson: «Non vorrei che ci fosse un'intesa in materia di giustizia tra Pd e Forza Italia di cui nessuno è a conoscenza».

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