Il senatore detective smaschera i manager che aizzano gli operai

La fabbrica sta fallendo: Orsi, sindaco Pdl di Albisola, scopre la mossa sleale dei titolari dell’azienda concorrente

Il senatore detective  smaschera i manager  che aizzano gli operai

C’è un’azienda in crisi, la Fac di Albisola, che produce ceramiche e si avvia al fallimento, con un buco in bilancio che viaggia sugli 8 milioni di euro e 148 lavoratori quasi a spasso. C’è una pagina Facebook, «Salviamo la Fac», che diventa un forum fra dipendenti, cittadini e istituzioni, un tavolo di confronto mediatico fra ben 5mila persone alla ricerca di soluzioni perché, al di là dei futuri disoccupati, questa è una fabbrica storica, quella in cui i grandi ceramisti da Salino a Fabbri hanno cotto prestigiosi pezzi della loro arte. E c’è il sindaco Pdl, il senatore Franco Orsi, che da mediatore si trasforma in detective e smaschera i due agit prop del gruppo, che aizzano i lavoratori contro ogni salvagente, ma altro non sono che il presidente e l’amministratore delegato della massima azienda concorrente, la Ipa Porcellane di Milano.

Benvenuti nell’era del web, quella in cui oltre a guardarti da certe cattive gestioni tocca diffidare pure delle imitazioni. Sono due mesi che va avanti così. Il sindaco prospetta una delocalizzazione? Aldo Profeta e Franco Bitta, l’uno giovane bancario di Sestri Levante, l’altro semplicemente registrato come «uomo», scrivono che no, attenti, così non se ne esce. Il sindaco pensa di proporre alla proprietà di trasformare una parte dei volumi in residenza, a patto di non chiudere la fabbrica? Ohibò: i due con fare ambientalista gridano alla speculazione edilizia dietro l’angolo. È allora che Orsi inizia a farsi delle domande. «C’è una cosa che non capisco: su questa pagina scrivono molti operai Fac, altrettanti albisolesi e altre persone che ci mettono la faccia. Poi ci sono una serie di personaggi che sui loro profili non hanno una foto né un amico comune». E insomma chi sono?

Potenza della tecnologia, il senatore imbraccia uno di quei programmini che tu metti la foto e lui ti dice il nome del fotografato. Se Bitta ha un logo, Profeta invece, sorpresa, ha messo la foto di un giovane attore inglese, Peter Andre. Scoperti, i due confessano: siamo Riccardo e Roberto Sala, titolari di Ipa. Orsi non ci può credere e scrive ai fratelli Sala: qualcuno usa i vostri nomi su Facebook. Risposta: siamo proprio noi.
Ai naviganti, i due fratelli mandano un messaggio conciliante: «La nostra azienda è stata contattata tempo fa dallo studio 3G &partners in quanto è considerata una delle pochissime realtà industriali italiane che potrebbero prendere in seria considerazione il rilancio della Fac. Ma allo stato attuale riteniamo un nostro intervento altamente improbabile».

E insomma: «Abbiamo scambiato informazioni, raccolto idee e valutato persone: abbiamo tastato il polso al territorio». Già. Il problema, annota Orsi, è che «lorsignori avevano tutto l’interesse a smontare ogni azione di salvataggio, che l’obiettivo fosse far fallire un’azienda concorrente, oppure acquisirla». Lui ci vede se non una turbativa del mercato, almeno una violazione del codice etico di Confindustria, visto che Riccardo Sala fa parte del Consiglio direttivo Ceramica. Quindi, ieri ha preparato l’esposto da inviare all’associazione, cui probabilmente aggiungerà la firma anche l’Unione industriale di Savona.

Toccherà inserirci anche l’ultimissima dichiarazione dei fratelli Sala, che al «signor sindaco» scrivono, sempre su Facebook: «Qui pubblicamente le dichiaro, visto la sua convinzione ammirevole, la nostra disponibilità di valutare qualsiasi sua proposta che ci faccia ricredere sulla convenienza di intervenire nella Fac, speculazioni vere o false a parte». Appunto.

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