La sera in cui Veronica divorziò a mezzo stampa

Il nuovo libro di Vespa, "Donne di cuori", rivela il retroscena della decisione della moglie del premier di contattare l'Ansa e scatenare "la grande tempesta"

La sera in cui Veronica divorziò a mezzo stampa

Esce oggi in libreria il nuovo libro di Bruno Vespa «Donne di cuori. Duemila anni di amore e potere. Da Cleopatra a Carla Bruni, da Giulio Cesare a Berlusconi» (Mondadori - Rai Eri, 564 pagine, 20 euro). Un grande affresco sul ruolo delle donne nella storia: da Cleopatra a Napoleone, dalle lettere appassionate di Garibaldi alla bulimia sessuale di Kennedy e Clinton, dalle seconde unioni di Fini, Casini, Bossi e D’Alema fino alla vivace vita amorosa di Berlusconi, seguendo il filo rosso della seduzione. Pubblichiamo l’anticipazione del primo capitolo, «La grande tempesta».  

di Bruno Vespa

«Signora, la frase è un po’ troppo sopra le righe. Mi permette di tagliarla?».
«Direttore, ho i miei buoni motivi per averla scritta. Comunque, si regoli come meglio crede. L’importante è che la sostanza di quel che penso esca immutata».
Mancavano pochi minuti alle 22 di martedì 28 aprile 2009 quando si chiuse l’ultima conversazione di un animato pomeriggio tra Veronica Lario e Giampiero Gramaglia, allora direttore dell’agenzia Ansa. Gramaglia era stato contattato dopo le 17 da due persone vicine alla moglie di Silvio Berlusconi.
«Può darsi che la signora voglia rilasciare una dichiarazione all’Ansa», era il messaggio.
Gramaglia chiamò subito alla sala stampa della Camera dei deputati Alessio Panizzi, capo del servizio politico dell’agenzia, e gli affidò la missione. Vista la delicatezza della cosa, Panizzi decise di gestirla in prima persona, senza metterne a parte altri colleghi. Alle 17.30 telefonò a villa Belvedere, la residenza della signora Lario, e chiese di poter parlare con lei, ma le fu passata la sua assistente, Paola Gipponi, la quale, ascoltata la richiesta, disse che lo avrebbe richiamato. Infatti, un’ora più tardi si mise in contatto con lui, comunicandogli che Veronica Berlusconi avrebbe risposto solo a domande scritte.
Panizzi si consultò allora con Gramaglia e, insieme, formularono tre domande molto generiche, senza mai chiamare in causa Berlusconi. Con la prudenza tipica dell’Ansa, i due dovettero farsi questo discorso: se vuole chiamare in causa il marito, lo faccia lei. La prima domanda riguardava il ruolo delle donne in politica, citando anche l’attacco che il giorno precedente il sito web della fondazione Farefuturo, vicina a Gianfranco Fini, aveva mosso sull’onda delle voci che accreditavano la presenza di «veline» nella lista del Popolo della libertà per le elezioni europee di giugno.
La seconda domanda rivolta a Veronica Lario era legata alla prima, poiché le si chiedeva un giudizio sull’uso di candidare donne avvenenti per attirare voti. La terza verteva sul fatto che lei, quando incontrò Silvio Berlusconi, era un’attrice. Dunque, anche nel suo caso c’era stata una sorta di passaggio riflesso dal mondo dello spettacolo a quello della politica, seppure non immediato, per i lunghi anni in cui il Cavaliere era stato soltanto un brillante imprenditore. (A questa domanda lei non rispose).
Verso le 20 di quel 28 aprile Paola Gipponi chiamò di nuovo Panizzi e gli disse che la signora Lario aveva preparato le risposte, precisando però che avrebbe aggiunto una quarta domanda con una quarta risposta. (Quello stesso giorno La Repubblica aveva riferito della presenza di Berlusconi, la domenica precedente, alla festa del diciottesimo compleanno di una ragazza napoletana, Noemi Letizia, ma la cosa non aveva fatto ancora rumore, tanto che alla direzione dell’Ansa non pensarono di chiedere alla moglie un commento in proposito. Tuttavia, la corrispondenza di Conchita Sannino non era sfuggita a Veronica. La quarta domanda che si era posta, infatti, suonava così: «Non le sembra strano che suo marito abbia partecipato domenica al compleanno di una diciottenne di Napoli chiamata Noemi?». La sua risposta, come vedremo tra poco, era molto severa).
Il testo di Veronica Lario arrivò nella casella di posta elettronica di Panizzi poco prima delle 20. Il giornalista, che non aveva mai parlato con la signora Berlusconi se non per interposta persona, voleva essere sicuro che lei fosse completamente d’accordo con la stesura trasmessa all’agenzia, e quindi chiamò Paola Gipponi che, a quel punto, gli passò Veronica. «Mi scusi - le disse Panizzi - ci siamo parlati solo per posta elettronica e volevo verificare che fosse lei l’autrice del testo. Ho visto che ha scritto risposte molto dure... ». La signora Berlusconi gli confermò l’autenticità del testo, gli spiegò le ragioni della durezza delle sue risposte e aggiunse un dettaglio che il giornalista avrebbe inserito nella nota d’agenzia che fu diffusa più tardi e di cui parleremo tra poco: «Finora mi ero sempre rivolta ai giornali - gli disse -. Se stavolta ho scelto l’Ansa, è perché tutti sappiano che i miei figli e io siamo vittime e non complici di questa situazione».
Alle 20 terminò la loro conversazione, alle 20.15 il pezzo era sul tavolo di Gramaglia. Ma c’era la frase «sopra le righe», e il direttore dell’Ansa chiese di parlare personalmente con Veronica Lario. Che lo richiamò soltanto dopo le 21.30. Fino a quel momento, infatti, era rimasta accanto al nipotino Alessandro, che tardava ad addormentarsi.

Solo quando il bimbo prese sonno, telefonò al direttore dell’Ansa, che le mosse l’obiezione con cui si apre questo capitolo. Nel frattempo Gramaglia aveva chiamato Paolo Bonaiuti, che si trovava a Varsavia insieme a Silvio Berlusconi.

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