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Severina, il nuovo "angelo custode" dell'ex premier

La direttrice dell'Uepe di Milano gestirà il caso in prima persona: "Emozionata? Sono solo stanca"

Severina, il nuovo "angelo custode" dell'ex premier

Milano - Cascata di riccioli scuri, voce da contralto, e una ferma convinzione in ciò di cui molti italiani dubitano: l'utilità delle misure alternative al carcere, non solo per svuotare le prigioni ma anche per ridurre la recidiva, perché il delinquente occasionale non diventi un balordo di mestiere. È questo il ritratto che chi la conosce fa di Severina Panarello, la donna che da ieri pomeriggio è l'angelo custode di Silvio Berlusconi. Colei cui toccherà il compito, per alcuni aspetti improbo, di scavare nell'animo del Cavaliere, nei suoi percorsi mentali e morali, e accompagnarlo nella presa di consapevolezza del disvalore sociale del reato che ha commesso. A rendere tutto difficile c'è il dettaglio che Berlusconi nega risolutamente di avere commesso il reato per cui è stato condannato, e c'è da scommettere che lo spiegherà anche alla dottoressa Panarello.

Lei, la funzionaria ministeriale che oggi dirige l'Uepe di Milano (ente finora misconosciuto dai mass media, e assurto a repentina visibilità) a chi l'ha incontrata in questi giorni, nel suo ufficio alle spalle del carcere di San Vittore dove ieri ha incontrato Berlusconi, spiegava di non essere in alcun modo emozionata dalla responsabilità piovutale addosso: «sono solo stanca», pare abbia detto. Il centralino dell'Uepe d'altronde, è bombardato dalle chiamate dei giornalisti. E lei, nei limiti del possibile, risponde a tutti, aiutando i cronisti a orientarsi nei meandri di una normativa, quella dei permessi, degli orari, dei lavori utili, nota solo agli addetti ai lavori.

68.551 euro di stipendio, sposata, con una figlia, laureata in legge alla Statale di Milano, la 51enne Severina ha scelto ormai parecchi anni fa la carriera penitenziaria, rispondendo e vincendo un bando. Ma le carceri le ha bazzicate poco: la sua specializzazione, fin dalle sedi di Brescia e Bergamo, e poi a Milano, a fare i conti con quella macchina inesorabile di condannati che è il tribunale del capoluogo lombardo. Con poche eccezioni - i Totò Riina, e gli altri del «fine pena mai» - arrivano tutti prima o poi a fare i conti con l'Uepe: molti, i condannati a pene più lievi come Berlusconi, senza neanche passare dal carcere; gli altri, e sono quelli più difficili da gestire, approdano a lei dopo anni di galera, quando ormai manca poco alla fine della pena, e possono riaffacciarsi verso la libertà. In questa zona grigia, entrano in scena gli assistenti sociali guidati dalla messinese con i capelli scuri.

Alle sue dipendenze, la Panarello ha quarantasei assistenti: sono loro, quotidianamente, a prendersi cura degli «affidati», come vengono chiamati in gergo i condannati ammessi ai servizi sociali. E sono loro, alla fine del percorso, a inviare al tribunale di sorveglianza la valutazione del condannato. Di Berlusconi, ha deciso di occuparsi personalmente.

Senza farsi influenzare né dalle proprie opinioni politiche, di cui nulla si sa, né sportive: perché, questo almeno si sa, del Milan e del calcio in genere non le interessa nulla.

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