C erto non è per ragioni estetiche, che sono stati respinti o ammessi i contrassegni elettorali. Difficile immaginare elaborazioni più povere, insignificanti e sciatte di quella del Movimento 5 Stelle, non peggiorato neppure dalla copia, o di quella di Ingroia, tanto esibizionistica quanto cromaticamente sguaiata, con la mortificazione del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Esempi di vera e propria cattiva educazione nel paese della bellezza, i simboli sono specchi della deficienza di anima e di vita dei candidati (e delle idee) che rappresentano. Così, la debolezza, la marginalità, la minorità culturale di Monti, si rispecchiano tutte nel logo del suo partito, disegnato da grafici balbuzienti. L'unica, modesta, riservata, richiesta di Monti, è stata: «Il mio nome sia più visibile». Per il resto, cioè il niente, ha perfettamente ragione Oliviero Toscani: «Perfetto come nuovo logo del Club Alpino Italiano. Anche quella sbaffatina di colore, sembra che alluda alle Frecce Tricolori sugli sci... È un logo tristissimo, quasi da pompe funebri... Esprime animo conformista, come somma tristezza. Se penso che Monti ha la stessa età di Mick Jagger, non posso che concludere che la droga fa bene». L'immagine, come l'uomo, non promette nulla di buono.
Ma, insuperabile per inefficacia e bruttezza, è il simbolo di un oscuro candidato di Modena travolto dal delirio delle primarie: Gianpiero Samorì. Il quale accompagna il logo con la propria improbabile faccia impiantata su un soffocante colletto, con la cravatta più burina del mondo. E non si fa mancare neppure, nel disarmante slogan, un vistoso errore di grammatica: «Se i moderati si arrabbiano... dagli una mano». Non si specifica dove.
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Mario Giordano, così attento agli sprechi, spreca la sua intelligenza occupandosi di Scalfari, di cui accosta la tortuosa prosa ignorandone i segreti. Si ostina infatti a ironizzare sul riferimento a «un'upupa», denominato «l'ilare uccello», secondo Giordano, «nella prosa di Barbapapà», cioè Scalfari. Deve averlo colpito, pur non comprendendone bene le ragioni dell'ilarità. Ignora infatti, il Giordano, che non si tratta di un capriccio di Scalfari ma della citazione colta, di una, peraltro celebre, poesia di Eugenio Montale, che tenta di salvare l'upupa, rappresentata, per ragione di onomatopea, come lugubre e notturna, nella immaginazione di alcuni poeti, in particolare il Foscolo dei Sepolcri. Montale tende a riscattarla, rilevandone la grazia diurna e il variegato piumaggio, con il verso riparatore: «Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti». Per maltrattare Scalfari, Giordano non travolga Montale e la sua puntuta intelligenza!
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Dal giorno delle dimissioni di Mario Monti assistiamo quotidianamente a presenze televisive del Cavaliere. Invece la sua presenza sulla rete e sui social network è praticamente inesistente.
Pensare che bastino la Tv, la radio e i giornali per propagandare idee e pensieri è quanto di più sbagliato perché questi mezzi hanno perso la credibilità che avevano un tempo. Se in passato affermazioni del tipo «L'ha detto la televisione» non erano discutibili, oggi lo stesso vale per internet. È difficile ribattere a «L'ho letto su internet», come se la rete fosse la fonte di ogni verità e sapienza. L'informazione acquisita tramite la rete è talmente istantanea e immediata che arriva al nostro giudizio senza alcuna verifica.
Sottovalutare le nuove forme di comunicazione e di linguaggio ha fatto apparire i risultati di Grillo stupefacenti, quando in realtà erano prevedibili. Il Pdl non ha ancora capito l'importanza dell'utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione come strumenti di coinvolgimento dei cittadini in particolare dei giovani. Proprio questi ultimi, secondo i sondaggi, sono i più distaccati dalla politica.
In Italia ci sono 36 milioni di utenti internet e i giovani rappresentano il 31,3% ovvero oltre 12 milioni, cui soltanto la sinistra parla.
Avere un sito o una pagina Facebook non significa comunicare, come l'avere una Ferrari non significa vincere il Gran Premio. Bisogna saperla guidare. Berlusconi, così vivace, rifletta.
di Vittorio Sgarbi
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