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Bersani ammette la sconfitta: "Noi primi, ma non vincitori". E c'è chi vuole la sua testa

Alle politiche Bersani fa peggio di Veltroni: vince ma non ha i numeri. E, dopo un lungo silenzio, ammette il flop e promette al M5S la presidenza di una Camera

Bersani ammette la sconfitta: "Noi primi, ma non vincitori". E c'è chi vuole la sua testa

Nel 2008 l'allora candidato del centrosinistra Walter Veltroni aveva perso portando a casa 13.689.000 voti. Ieri Pier Luigi Bersani ha "vinto" con appena 9.963.390 preferenze. Sebbene cinque anni fa quella dell'ex sindaco di Roma venisse descritta come una sonora débacle, oggi la stampa progressista si stringe attorno al leader piddì per fargli coraggio e asciugargli le ferite. Non solo non ha smacchiato il ciaguaro ma Silvio il leone l'ha sbranato. Alle politiche che avrebbero dovuto sancire il grande rientro della sinistra a Palazzo Chigi, il segretario di Bettola fa poco meglio di Romano Prodi: nel 2006 il Professore aveva vinto per 24mila voti, adesso l'asse Pd-Sel hasuperato il Pdl alla Camera per 124.407 voti. Basta guardare il volto funereo del leader piddì che, dopo una nottata di silenzio, ha ammesso in conferenza stampa la propria sconfitta: "Non abbiamo vinto, anche se siamo arrivati primi e questo è anche l’oggetto della nostra delusione".

"Non c’è bisogno di chiedere le dimissioni di Bersani, perché Bersani non farà più il segretario del Pd come ha sempre detto lui per primo". Nelle parole di Giuseppe Civati, eletto alla Camera, emerge tutta la frustazione dei democratici per la finta vittoria di ieri. Adesso si gettano tutti sul cadavere del segretario del Pd che dovrà pagare una campagna elettorale vuota di contenuti e tutta tesa a rincorrere giaguari da smacchiare. Matteo Renzi lo sta aspettando al varco, i riformisti pure. Dal canto suo Bersani temporeggia. Sebbene, prima della fine degli scrutini, avesse promesso un commento sul risultato delle elezioni, a mezzanotte si è limitato a difendere la posizione: "Il centrosinistra ha vinto alla Camera e per numero di voti anche al Senato. È evidente a tutti che si apre una situazione delicatissima per il paese. Gestiremo le responsabilità che queste elezioni ci hanno dato nell’interesse dell’Italia". Punto. Nient'altro. Grazie e arrivederci. Poi, si è di nuovo chiuso col suo staff a macinare sui numeri e sui seggi e a valutare le prossime mosse da fare per riuscire a ottenere una maggioranza (un po' meno risicato) imbarcando i grillini. Alle 17 di oggi si è, infine, presentato in conferenza stampa e ha scaricato gran parte del flop sull'elettorato del centrosinistra: "Questa cosa non avverrebbe in altri Paesi dove un voto del genere avrebbe garantito comunque la governabilità".

Per il momento Bersani non vuole arretrare di un millimetro, né in parlamento né nella segreteria del partito. A chi nelle ultime ore sta caldeggiando le sue dimissioni dal vertice del Pd, ha ribadito che la ruota dovrà girare nel congresso del 2013: "Non abbandono la nave, dopodiché io posso starci da capitano o da mozzo". Al governo, però, vuole provare a starci da presidente del Consiglio. E così si presenterà dal capo dello Stato Giorgio Napolitano tentando di mettere insieme una maggioranza che gli permetta di tirare a campare per qualche mese. "La nostra ispirazione non è una diplomazia con uno o con l’altro né discorsi a tavolino - ha assicurato - ma alcuni punti fondamentali di cambiamento, un programma essenziale da presentare al parlamento per una riforma delle istituzioni, della politica, a partire dai costi e dalla moralità". Il leader piddì proporrà, quindi, alcuni punti fondamentali di programma da rivolgere al parlamento e, quindi, anche al Movimento 5 Stelle. "So che fin qui hanno detto 'tutti a casa' - ha continuato - ora ci sono anche loro, o vanno a casa anche loro o dicono che cosa vogliono fare per questo paese loro e dei loro figli". Con i grillini è disposto a scendere ai patti. A tal punto da offrir loro la presidenza di Montecitorio: "Sono il primo partito alla Camera, allora secondo i grandi modelli democratici ciascuno si prende le sue responsabilità...".

Sconcerto e incredulità sono sicuramente i due aggettivi con i quali chi ci ha parlato descrive lo stato d’animo dei dirigenti Pd riuniti nella sede nazionale. Mentre passano le ore, si fa sempre più notare la solitudine del capo: dopo aver atteso i dati ufficiali da solo nella sua abitazione romana, tenendo solo contatti telefonici con i piani alti di via del Nazareno, Bersani ha continuato a posticipare la conferenza stampa. Ieri notte, nella sala stampa allestita per accogliere le 600 testate che si erano accreditate e per commentare il voto, Davide Zoggia dopo un consulto con i vertici aveva fatto sapere che, "visti i dati discordanti", i commenti si sarebbero fatti solo una volta giunti i dati ufficiali. Ma, anche quando a notte fonda il Viminali li ha pronunciati, Bersani non si è fatto vivo. Vari dirigenti del partito (presenti tra gli altri Nico Stumpo e Anna Finocchiaro) si sono riuniti, sin dalle prime ore del mattino, per fare un’esame della situazione alla luce del risultato delle urne. "Adesso lasciamo depositare la polvere e vediamo come procedere - spiegano fonti del Pd - di certo c’è che si è determinata una maggioranza alla Camera.

Da lì si può partire".

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