La sinistra si indigna soltanto se non decide

La sinistra si indigna soltanto se non decide
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Ci risiamo. Per dirla con Bennato, sono «situazioni che stancamente si ripetono senza tempo». I nuovi vertici Rai hanno presentato i palinsesti delle radio e apriti cielo. Si parla di occupazione, di destra pigliatutto, ecc. ecc. Il linguaggio è lo stesso, i modi idem. Chi non è allineato, è sbagliato. Nel mondo ideale, prima di valutare si aspetterebbero i risultati di pubblico e di critica. Nel rituale italiano, non c’è bisogno di attendere. Se i vertici Rai sono espressione di centrodestra, allora per definizione tutti i (nuovi) programmi sono favori politici oppure strumenti di propaganda e gli altri (quelli che c’erano già) sono baluardi resistenti e minacciati. Che noia, che barba. In realtà non è cambiato molto. Sono state inserite voci prima sottovalutate, diciamo così, oppure del tutto assenti. Una diversa «visione» che è legittima tanto quanto quelle precedenti e non diventa monopolista. Ad esempio su Radio1 c’è l’innesto di Giù la maschera di Marcello Foa e di Ping Pong di Annalisa Chirico, ma c’erano e ci sono altri programmi, tra l’altro ben fatti come Un giorno da pecora o Radio Anch’io, che hanno prospettive e sensibilità diverse. Non è neppure uno «spoils system» alla maniera anglosassone. È un ricambio fisiologico che non toglie nulla alla pluralità delle voci, anzi.


Nel contrasto e nel confronto di idee c’è l’autorevolezza di un media che invece si appiattirebbe con il «pensiero unico». Eppure sembra che siano passati gli Unni, a dimostrazione che cambia tutto tranne la presunzione di giudicare sbagliato chi la pensa diversamente

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