"Sonora sconfitta". In Rai la sinistra va di nuovo ko

Alle votazioni per il rappresentante dei dipendenti nel Cda sconfitta per distacco la candidata di area progressista, sostenuta dalla Cgil. Confermato nel ruolo Davide Di Pietro

"Sonora sconfitta". In Rai la sinistra va di nuovo ko
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Tempi duri per la sinistra in Rai. Dopo il flop dello sciopero indetto il 6 maggio scorso, i progressisti hanno visto nuovamente vacillare le loro antiche certezze. Ieri, 20 maggio, a Viale Mazzini si sono infatti svolte le elezioni per il rappresentante dei dipendenti all'interno del Cda aziendale e ad avere la meglio è stato Davide Di Pietro. Ovvero, il candidato sostenuto da una coalizione formata dall’associazione Indignerai e dai sindacati Snater e Unirai (liberi giornalisti Rai). Niente da fare per Alessandra Clementini, sostenuta invece dall'Usigrai e dalla Cgil, e per Pietro Muratori, candidato della Cisl.

Per Di Pietro si tratta di una riconferma, ottenuta con 2690 preferenze e con un significativo distacco su Clementini, fermatasi a 1950 voti. Al terzo classificato sono andate invece 1565 preferenze. Un risultato al quale in molti a Viale Mazzini hanno attribuito una connotazione politica. Secondo quanto apprendiamo, infatti, Clementini è segreteraria del Pd di Monterotondo (Roma) dove è anche consigliere comunale. Di Pietro, invece, aveva già ricoperto il ruolo di rappresentante dei dipendenti nel Cda, subentrando lo scorso mese di novembre allo scomparso Riccardo Laganà. Di fronte alle possibilità in campo, i votanti non hanno avuto particolari tentennamenti.

"È una sonora sconfitta per la sinistra Rai dopo il fallimento dello sciopero del 6 maggio e dopo il sit in organizzato sotto la sede di viale Mazzini nei giorni scorsi con una scarsa adesione", commentano dal sindacato autonomo Unirai. E ancora: "Il risultato dimostra che i dipendenti della Rai non credono a chi da mesi ha messo in atto una vera e propria campagna di comunicazione su una presunta emergenza democratica in azienda". Il riferimento è alla narrazione a tinte fosche sollevata dai progressisti attorno al servizio pubblico radiotelevisivo e alla sua attuale governance, chiaramente in chiave antigovernativa.

A dimostrare che quella interpretazione della realtà fosse eccessiva e strumentale era stato proprio il fallimento dello sciopero convocato a inizio maggio dall'Usigrai per protestare contro il presunto pressing dell'esecutivo sull'azienda.

Nonostante la grande mobilitazione della vigilia, i principali notiziari erano comunque riusciti ad andare in onda. "Abbiamo sconfitto il fortino rosso", aveva esultato la sigla Unirai, che si era rifiutata di prendere parte a uno sciopero considerato politico e non motivato da concrete ragioni sindacali.

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