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Sorpresa, il Colle rinnega il posto fisso

Sorpresa, il Colle rinnega il posto fisso

RomaE adesso si muova Bruxelles. «Aspettiamo delle risposte alle attese nostre e di parecchi altri Paesi membri», dice Giorgio Napolitano. Aspettiamo cioè gli eurobond, perché per allontanarsi dal burrone servono «investimenti pubblici» finanziati da «obbligazioni europee» che rilancino la crescita con «progetti comuni». Bruxelles si muova, ma anche noi - spiega il capo dello Stato intervenendo a Ginevra alla conferenza internazionale sul lavoro - dobbiamo cambiare passo, anzi, cambiare mentalità. Infatti è «fatale» in questo momento che l’Italia «rinunci a conquiste di benessere faticosamente raggiunte nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale» che ora non possiamo più permetterci. Una scelta «obbligata», se ci vogliamo salvare dalla crisi.
Lunedì sera, racconta, il vertice a Palazzo Chigi tra Monti e i segretari della maggioranza è andato bene. «Si è mostrata la consapevolezza dell’assoluta necessità di dare prova di coesione. Siamo in un momento molto difficile». Però tocca fare di più. Basta allora con la difesa cieca dell’assistenzialismo e sotto con la flessibilità. Basta con il posto fisso, le garanzie totali, il welfare novecentesco, tutte cose a cui bisogna dire addio «per poter reggere alle nuove ardue sfide di una competitività che non conosce frontiere». È giunta l’ora di una svolta culturale. «Quelle sfide - dice ancora Napolitano - sollecitano innovazioni profonde su tutti i piani nei Paesi di più antica industrializzazione e più diffuso benessere materiale». Insomma, bisogna essere realisti, sapere guardare in faccia la realtà e adeguarsi. «Non tutte le conquiste del passato possono essere considerate sostenibili e nemmeno ugualmente valide rispetto alle nuove concezioni e misurazioni del benessere e della qualità della vita». Siamo nel secolo della flessibilità, rendiamocene conto. «In vari Paesi l’accento si è spostato verso scelte che, prendendo atto di tendenze a un’inevitabile maggiore flessibilità e mobilità nell’impiego della forza lavoro, valorizzano la formazione lungo l’arco della vita ed efficienti politiche di ricollocamento legate a nuove opportunità di occupazione».
Parole chiare, laiche, che non piaceranno a buona parte del sindacato. Ma per Napolitano «la mancanza di lavoro è un problema chiave per tutti, soprattutto per i giovani, e particolarmente destabilizzante nelle economie più avanzate che soffrono di recessione o di fiacca crescita». Come l’Italia. «Della crisi finanziaria che ha colpito l’Eurozona il mio Paese è gravemente partecipe e sta compiendo ogni sforzo per uscire dalle difficoltà legate al peso del debito pubblico accumulato nei decenni passati».
Ma dopo l’autocritica nazionale, c’è spazio per le rivendicazioni. Non solo l’Italia, bensì «molti tra i maggiori Stati dell’Unione» hanno come obbiettivo «il rilancio della crescita come indispensabile complemento delle politiche di consolidamento fiscale». Non si può solo tagliare e tassare, occorre anche trovare il modo di spendere. E se «non esistono ricette facili per determinare una ripresa della crescita», certo gli eurobond aiuterebbero a mettere in piedi una campagna di investimenti sulle infrastrutture e la ricerca.

In conclusione, l’Europa tiri fuori i soldi ma non li butti, «perché non dobbiamo tornare agli errori del passato».

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