Genova - Per il quarto giorno consecutivo a Genova ha dominato il caos. Autobus chiusi nelle rimesse, cortei, presidi, proteste e una città in ostaggio. Per le strade a circolare è solo la rabbia dei lavoratori di Amt, l'azienda di trasporto pubblico locale che è a rischio fallimento. Uno sciopero selvaggio le cui ragioni non sono da cercare nelle privatizzazioni dal governo Letta e dalla giunta comunale genovese. «Amt rimane pubblica, non esiste ipotesi privatizzazione», ha ribadito a più riprese il sindaco Marco Doria. E allora qual è il motivo della protesta? Il bilancio dell'azienda fa acqua, all'appello mancano 8 milioni di euro vitali per la spesa corrente. Una situazione che si protrae con costanza da anni e che per il 2013 è stata arginata grazie a un accordo tra Comune e sindacati: una quota rilevante del buco, circa la metà, è stata tappata dai lavoratori, 2.380 in tutto. Cassa integrazione a rotazione per 250, contratti di solidarietà e tagli agli straordinari hanno permesso un risparmio consistente che ha portato a una sorta di ricapitalizzazione fai da te consentendo un sostanziale pareggio di bilancio. Ma in base all'accordo stipulato lo scorso mese di maggio, le condizioni per il 2014 sarebbero dovute cambiare, con la fine del piano lacrime e sangue per i lavoratori. «Doria non ha mantenuto la parola - denunciano i sindacati - vuole fare pagare a noi ancora una volta. Tocca al Comune ricapitalizzare l'azienda, noi abbiamo già dato». Di contro il «marchese rosso», la cui rivoluzione arancione in città dopo un anno di mandato è già fallita, anche se forse non è mai davvero iniziata, afferma che in cassa non c'è un euro e che i lavoratori devono continuare i sacrifici per garantire la sopravvivenza di Amt. Da qui il muro contro muro. I sindacati, decisi ad andare fino in fondo, esigono risposte nero su bianco da un sindaco troppo debole, per trovare una soluzione di compromesso. Con l'aggravante delle notizie arrivate dal ministero dei Trasporti con i cordoni della borsa che si chiudono per i finanziamenti al compartimento dei trasporti. A dare manforte ai lavoratori del trasporto, ci sono i dipendenti di Amiu (nettezza urbana) e Aster (manutenzioni), società partecipate del Comune anche loro a rischio implosione.
E in piazza ieri ha fatto la sua comparsata anche Beppe Grillo che, fiutata l'aria favorevole, è sceso dal dorato esilio di Sant'Ilario schierandosi a fianco dei lavoratori. Arrivato a bordo del scooter, il leader del Movimento 5 Stelle ha dato vita a una sorta di comizio improvvisato. «Sarà una lotta all'ultimo sangue, si stanno vendendo tutto», ha tuonato, per poi attaccare i sindacati definiti «inutili» e il governo Letta per poi ribadire l'importanza (guarda caso) delle prossime elezioni europee in cui il suo movimento sarà caposaldo per i lavoratori. In attesa, va da sé, del suo «V day», organizzato, (guarda caso) proprio a Genova il prossimo primo di dicembre. E mentre qualcuno gli ha chiesto aiuto, il corteo lo ha emarginato, con i lavoratori che lo hanno accusato di voler solo strumentalizzare la piazza. Lui è rimasto buono per un po' nelle retrovie, poi ha ripreso il suo scooter e se n'è tornato nella sua villa lontana dal rumore e della tensione della piazza.
Presidi e corteo sono continuati tutto il giorno, con contestazioni anche per Pier Luigi Bersani, ieri a Genova per lanciare Cuperlo, che se l'è cavata con una delle sue massime illuminanti. «Il privato non trasforma l'acqua in vino», ha detto.
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