In sostanza: «Per quanto ne so io, non è stato pagato nessun riscatto. Di quello che c'è dietro questa storia non so assolutamente nulla, il mio unico contatto era Francesco Leone. Mi era stato spiegato che doveva essere una cosa assolutamente non violenta. E io ho fatto tutto il possibile perché quei due signori non si spaventassero troppo. Sono io il ragazzo gentile di cui parla Anna Spinelli nel suo interrogatorio. Sono stato io a portargli una coperta quando è andata a riposare». È il pomeriggio di ieri, e per la prima volta nella misteriosa storia del sequestro Spinelli, qualcuno comincia a confessare. Peccato che sia una confessione quasi marginale, nell'economia generale della vicenda: quella di Marjus Anuta, uno dei tre albanesi coinvolti nel sequestro-lampo del ragioniere di fiducia di Silvio Berlusconi. Dei retroscena politici non sa assolutamente niente. Gianfranco Fini, Carlo De Benedetti e i giudici del Lodo Mondadori, il ventottenne Marjus non sa neanche chi siano.
Altro impatto avrebbe, se arrivasse davvero, la collaborazione di Francesco Leone, il più alto in grado degli arrestati. Ieri il pregiudicato ed ex pentito pugliese incontra per due volte i magistrati. La prima visita la riceve in carcere, a Opera, ed è quella del giudice preliminare Paola Di Lorenzo: «mi avvalgo della facoltà di non rispondere», è tutto quello che mette a verbale. Nel pomeriggio, quando lo portano in Procura per rispondere alle domande del procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del sostituto Paolo Storari, a qualche domanda risponde. Spiega di voler chiarire tutto. Ma per ora sono poco più che buoni propositi.
Leone, che è uomo di mondo e conosce bene i meccanismi della giustizia, stavolta sa di essere in un guaio molto più grosso da quelli da cui si è tante volte tratto d'impiccio grazie alla legge sui pentiti e all'indulgenza dei giudici. È accusato di un reato punito fino a trent'anni. E soprattutto si ritrova al centro di una vicenda torbida e inquietante, dove il sequestro del povero ragionier Spinelli si incrocia con i guai giudiziari del Cavaliere e le voci sulla sua presunta ricattabilità. Insomma, un pasticcio più grosso di lui. Dove qualcuno l'ha cacciato. Lui non si è fatto pregare. Ma ora è rimasto col cerino in mano.
Le domande scomode a cui dovrà rispondere, quando tra pochi giorni incontrerà nuovamente la Boccassini, sono tante. Da dove venivano e che fine hanno fatto gli otto milioni di cui si parla nelle intercettazioni? Da dove veniva il foglio a4 tutto stropicciato con l'elenco del materiale scottante che veniva offerto a Berlusconi? Dov'è finita la chiavetta Usb con il materiale, che - racconta Spinelli - non si riuscì ad aprire sul computer di casa del ragioniere? Perché si decise di rapire Spinelli, invece di intavolare una «normale» trattativa con l'entourage di Berlusconi? Perché la mattina del 16 ottobre, all'improvviso, la banda abbandonò la casa di Spinelli, dopo che il ragioniere aveva parlato con il Cavaliere e il suo legale Niccolò Ghedini? E poi: chi è il mister X che il pomeriggio del 17 telefonò di nuovo a casa di Spinelli, chiedendogli bruscamente informazioni sullo stato di avanzamento delle trattativa?
Domande difficili, come si vede, anche per uno come Leone, avvezzo alle trattative con i magistrati. In attesa del suo prossimo verbale, ieri inizia a circolare una ipotesi: che potrebbe spiegare l'accavallarsi delle due imprese criminali, il rapimento e l'offerta del «papello» sulla Mondadori.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.