Spread, Monti sconsolato: "Le munizioni sono finite". Torna l'idea di votare subito

Monti ammette: "Le munizioni sono finite". Ieri gli incontri con Bersani e Alfano per fare il punto sulla situazione. Perché se lo spread continua a non calare per l’Italia si mette male. E la giornata di ieri non ha alleviato le preoccupazioni del premier: Piazza Affari ha preso fiato (+1,17%) ma il differenziale sui titoli di Stato è rima­sto alla minacciosa quota di 518 punti

Roma - «Le munizioni sono finite», ammette sconsolato Monti davanti a due delle tre stampelle che lo tengono in piedi. Questo il senso del messaggio lanciato prima a Bersani e poi ad Alfano, incontrati ieri per fare il punto sulla situazione. Oggi sarà la volta del terzo azionista della «strana» maggioranza, Casini. Davanti ai segretari di Pd e Pdl, il professore lancia il suo sos: la situazione è drammatica e se lo spread continua a non calare per l'Italia si mette male. Il pareggio di bilancio è un must perché è entrato in Costituzione e se i tassi sul debito non scendono c'è il rischio che i conti non tornino più. Un disastro. Tuttavia, da Palazzo Chigi, questa volta non si ventila neppure l'ipotesi di ulteriori manovre correttive; non si parla di patrimoniali né di aumento dell'Iva. Anche il premier sa bene che ulteriori provvedimenti depressivi non solo sarebbero inutili ma sarebbero anche dannosi. Così, tanto per togliere anche solo la tentazione di operare in questo senso, Alfano mette le mani avanti: «Diremo 'no' a qualsiasi tipo di sacrificio anche perché non c'è alcun nesso tra i compiti a casa, che l'Italia ha già fatto, e il calo dello spread. E non ci convinceranno dicendo che ce lo chiede l'Europa. Quando dicevano così era perché in realtà ce lo chiedevano la Germania e la Francia». In ogni caso, assicura Alfano, «nessuna ipotesi di una nuova manovra è stata oggetto della nostra conversazione».
Monti ascolta e non fa fatica a condividere i paletti posti dal segretario del Pdl, convinto che la patrimoniale è già stata fatta con l'Imu. La leva su cui agire non sarà più sul fronte del prelievo (tasse) ma su quella della spesa (tagli). In particolare Monti confida sulla cosiddetta terza rata della spending review, predisposta da Francesco Giavazzi. L'obiettivo: riordinare gli incentivi statali alle imprese, mettendo mano alla selva di agevolazioni ritenute obsolete o inefficaci. Questo capitolo garantirebbe un risparmio di circa 6 miliardi, in grado di scongiurare l'aumento dell'Iva.
Poi il Professore annuisce quando sente da Alfano la vera ricetta in grado di abbassare la febbre dello spread: modificare il ruolo della Banca centrale europea. Alfano lo dice chiaro: «Dobbiamo dare potere alla Bce e al suo presidente Draghi per superare la speculazione, in modo da avere un muro insormontabile a sostegno dell'euro». Guarda caso più o meno la stessa soluzione caldeggiata da Bersani secondo cui «va dato seguito alle decisioni prese al vertice europeo e bisogna che ci sia uno stato di allerta da parte di tutte le istituzioni, a cominciare dalla Bce». Insomma, ad abbassare lo spread ci deve pensare l'altro Mario: Draghi.
C'è un piccolo problema, però: i trattati europei, come ha detto di recente lo stesso Draghi, danno alla Bce la missione di tutelare la stabilità monetaria, di lottare contro l'inflazione e la deflazione, non di soccorrere gli Stati in difficoltà. Ci sarebbe l'idea di trasformare in banca l'Esm, per rendere illimitate le sue risorse facendolo attingere ai finanziamenti della Bce. Ma non mancano le resistenze dei Paesi virtuosi, Finlandia, Olanda, Germania in testa. E proprio per ammorbidire le posizioni di Helsinki Monti volerà in Finlandia il 1º agosto per un faccia a faccia con il premier finnico Jyrki Katainen.
Tornando ai problemi di casa, il Professore ha dovuto però registrare l'ennesimo paletto imposto da Bersani sul capitolo spending review. «Ho fatto presente che ci sono cose che sosteniamo e vogliamo rafforzare e due-tre punti su sanità e Regioni da cambiare», ammette il leader del Pd. «Così non va bene», dice grave Bersani che adesso la tentazione di staccare la spina ce l'ha davvero. Come del resto intuisce il pidiellino Osvaldo Napoli: «Ho il timore che Bersani stia per combinare qualche guaio».

Ma molto dipende dall'accordo sulla legge elettorale e dal sistema di voto che maggiormente gli garantirebbe di vincere. Altrimenti si sarebbe ancora daccapo. Mentre da Alfano, Monti riceve le ampie rassicurazioni: «Vai avanti tu fino al 2013».

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