Interessi sui conti, previsioni e la capacità italiana di superare le crisi meglio di economie sulla carta più forti. Sono i temi toccati all'evento «Far cresce insieme l'Italia» che ha riunito diversi esponenti del mondo bancario. Nella tavola rotonda moderata dal vice direttore de Il Giornale, Osvaldo De Paolini, ha rotto il ghiaccio Gregorio De Felice, capo economista di Intesa Sanpaolo: «L'Italia sta godendo i frutti di un governo stabile, che ha la prospettiva di durare tutta la legislatura. Questo è un valore se si pensa alle difficoltà della Germania e che la Francia sta varando misure di bilancio draconiane, che non verranno messe in piedi a causa della debolezza del suo governo». Allora quali prospettive per il nostro Paese nel 2025? «Rispetto a quest'anno vedremo un'accelerazione della crescita fino all'1,2% grazie a un'inflazione più bassa dell'area euro e salari in recupero». Domenico De Angelis, condirettore generale di Banco Bpm, ha tenuto a sottolineare i motivi del momento positivo dell'Italia che potrebbe prendere ulteriore slancio dagli imminenti tagli ai tassi della Bce: «Il nostro Paese sta vivendo un momento favorevole: inflazione sotto controllo, tassi d'interesse che sono rientrati in un orizzonte favorevole per gli investimenti delle imprese e delle famiglie, la grande stabilità politico-istituzionale». E ancora: «Oggi in Italia abbiamo un sistema finanziario solido. È' la prima volta nella storia che guardiamo a banche estere da comprare (il riferimento è al caso Unicredit-Commerzbank, ndr)».
Nel riassumere le ricette fin qui vincenti del governo, il professore di Politiche ecnomiche dell'Eurozona, Domenico Lombardi, ha sottolineato «la stabilità politica, ma proiettata internazionalmente: non ricordo un premier italiano che ha incontrato così tante volte il presidente degli Usa», ma anche «la stabilità dal punto di vista fiscale». Questo ha portato lo spread a un corposo calo, tanto che «perfino Isabel Schnabel, membro tedesco del board della Bce, in un discorso a Friburgo ha citato l'Italia tra i Paesi dinamici dell'Eurozona».
Marco Valli, direttore della ricerca di Unicredit, pensa che i tagli ai tassi in arrivo «non basteranno per far ripartire i consumi, ma certo aiuteranno», la previsione è per una sforbiciata di 25 punti base a riunione da parte della Bce fino a un punto di arrivo del 2,5%. Rispetto alla Germania, «l'Italia ha indicatori di fiducia più alti», ma sebbene il nostro Paese «abbia svoltato con salari che crescono più dell'inflazione, il punto di partenza era più basso della media europea. In compenso, «il mercato del lavoro che tiene e continuerà a farlo».
Durante il dibattito si è toccato il tema degli extraprofitti. Di questo ha parlato il vice direttore generale dell'Associazione bancaria italiana, Gianfranco Torriero: «Da più parti si è sostenuto che le banche non remuneravano i depositi», ha osservato, «ma i dati sulle entrate dimostrano che c'è stato un incemento del 300% delle ritenute di imposta che le banche hanno fatto per la remunerazone dei depositi. Va ricordato, poi, che il conto corrente è una piattaforma e non un investimento». Quanto al calo dei prestiti a imprese e famiglie, Torriero
ha fatto notare che «da circa sei mesi vediamo che le banche hanno iniziato a recepire in anticipo le indicazioni di politica monetaria. Va detto che se abbiamo un'inflazione all'1% e tassi al 3% c'è qualcosa che non va e, questo, scoraggia gli investimenti».
Sulla vicenda interessi sui conti, Lando Maria Sileoni (terza foto), segretario generale del sindacato bancario Fabi, ha una posizione diversa: «Noi siamo stati i primi a denunciare, in Italia, che sui depositi dei conti correnti fino a un anno e mezzo fa veniva riconosciuto lo 0% mentre in Francia
si era al 2%. Credo che le banche, che stanno sul territorio, debbano svolgere un ruolo sociale e in questo modo non lo fanno. Inoltre, in Italia mutui e prestiti si pagano di più, anche questa è una cosa che va spiegata».
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