Qatargate

"Un'indecenza, stimavo Panzeri". Ora D'Alema si stupisce pure

L'ex presidente del Consiglio condanna le presunte pressioni sull'Ue: "Colpito e addolorato". E respinge le critiche: "Non faccio né l'affarista né il lobbista"

"Un'indecenza, stimavo Panzeri". Ora D'Alema si stupisce pure

È stupito, non si aspettava uno scandalo di queste dimensioni. Soprattutto è rimasto di sasso nel leggere alcuni personaggi coinvolti nel Qatargate. Massimo D'Alema non nasconde il proprio sconcerto per gli sviluppi di una vicenda che ha creato un vero e proprio terremoto nel Parlamento europeo: "Sono colpito e addolorato. Anche perché le persone coinvolte hanno una storia tale per cui non si può che rimanere colpiti e addolorati".

L'accusa sul Qatargate

L'ex presidente del Consiglio - intervistato dal Corriere della Sera - ha però voluto mettere le mani avanti e respingere il modo in cui si cerca di colpire una storia e una classe dirigente, "facendo confusione tra cose che sono totalmente non assimilabili tra loro". Quanto ad Antonio Panzeri e Andrea Cozzolino, che nel passato sono stati bollati come "dalemiani", ha aggiunto che si tratta di "persone che conosco da anni e che ho stimato".

La sinistra è in totale imbarazzo per ciò che sta continuando a venire a galla; anche perché si parla di banconote nei sacchi ritrovati negli appartamenti. Un caso su cui bisognerà fare chiarezza e di cui D'Alema dice di non avere mai potuto sospettare: "La trovo un'indecenza, che merita una riposta ferma in difesa del Parlamento europeo". E ha definito "inaccettabile" anche il solo tentativo di condizionare le istituzioni attraverso un'opera corruttiva.

D'Alema si difende: "Non faccio il lobbista"

Dai presunti affari in Colombia per vendere le armi all'acquisto dei ventilatori dalla Cina nel corso dell'emerganza Covid-19, sono diverse le inchieste giornalistiche che hanno interessato l'ex primo ministro negli ultimi anni. Lui stesso però ha voluto rispedire al mittente le accuse arrivate sul suo conto: "Non faccio né l'affarista né il lobbista". Sui presunti affari con la Colombia ha ammesso di aver dato una mano a un imprenditore "con una qualche imprudenza". Invece sui ventilatori ha fatto notare che in quel periodo c'era una "corsa disperata" ad acquistare prodotti sul mercato cinese: "A me fu chiesto di trovare qualcuno che comprasse in vece nostra, mettendoci i soldi. Io ho trovato un'associazione che l'ha fatto. Ho solo fatto un favore e non ho venduto niente a nessuno".

D'Alema ha rivendicato di avere un'attività di consulenza e ha precisato che nel proprio caso "non ci sono porte girevoli; ma diverse stagioni nella vita che devono essere scandite da un rigido principio di incompatibilità". A tal proposito ha sottolineato di non essere più in Parlamento dal 2013, di essersi dimesso dagli organismi dirigenti del partito, di aver creato una società e di collaborare con società internazionali. "Questo tipo di attività deve essere fatto alla luce del sole. Non faccio un'attività sotterranea. È tutto trasparente, tutto controllabile", ha annotato.

Il "caso" della raffineria

Come fatto notare da Marco Gervasoni su ilGiornale in edicola oggi, è partita l'operazione della sinistra per cercare di continuare ad affermarsi come fronte politico puro nonostante lo scandalo abbia smontato la presunta superiorità morale.

D'Alema ha voluto chiarire che per la raffineria di Priolo semplicemente una cordata di investitori internazionali, tra cui è presente un imprenditore qatariota, si è rivolta anche a lui per l'acquisizione: "A loro ho dato un consiglio: vi interessa? Bene, come prima cosa andate a parlare col governo".

Commenti