Roma - L'operazione «liste pulite» continua, pur tra mille difficoltà, pressioni e resistenze. Il clima si fa sempre più teso, la trattativa sempre più feroce, il partito sempre più in ebollizione. La volontà di eliminare dalle griglie dei candidati il maggior numero possibile di esponenti finiti nel mirino della giustizia resta, però, salda.
Dopo la rinuncia di Claudio Scajola che si è tirato fuori, stanco di «veder messa sotto esame la mia moralità e di sottostare agli esami da parte di qualcuno», arriva anche il passo indietro di Marcello Dell'Utri. «Ho deciso. Ritiro la mia candidatura, non mi presento alle elezioni. Faccio un passo indietro per il bene del partito e perché me lo ha chiesto direttamente Berlusconi» annuncia il senatore del Pdl. «Ci ho pensato bene. La vittoria non è impossibile ma è improbabile e non voglio fare da capro espiatorio, non voglio che si dica che abbiamo perso per colpa di Dell'Utri. Se mi condannano definitivamente, non c'è scudo che tenga, neanche quello parlamentare. Tanto vale andarsene ora». Quanto ai cosiddetti impresentabili, osserva: «Berlusconi potrà rispondere. Se non candido Dell'Utri, voi cosa volete da me?».
La questione degli esclusi, però, non viene certo risolta in un pieno spirito di concordia. Fuori restano Marco Milanese e Alfonso Papa, anche se il secondo tenta una estrema resistenza dettando alle agenzie una nota per mettere nero su bianco la sua intenzione di «non rinunciare alla candidatura», e per denunciare quella che chiama «una svolta giustizialista». La posizione più delicata che resta sostanzialmente sub judice è, invece, quella di Nicola Cosentino che sabato sera è entrato a Palazzo Grazioli alle undici di sera e ha fatto blocco rispetto alla possibilità di un suo passo indietro. A Cosentino sono state offerte alcune opzioni alternative: la possibilità di avere due posti sicuri per uomini a lui vicini oppure un trasloco nelle liste di Grande Sud. Se la mediazione fallisse, a lui toccherebbe la posizione numero tre al Senato. Chi riesce, invece, a strappare il via libera è Luigi Cesaro che fa pesare la sua rinuncia alla presidenza della Provincia di Napoli. In lista alla Camera anche Amedeo Laboccetta che corre però in un seggio considerato in bilico. Nel collegio Campania 1 sarebbe l'ex ministro Gianfranco Rotondi a correre da capolista. Fuori, invece, un altro ex titolare di dicastero come Mario Landolfi che appresa la notizia, detta parole di fuoco contro il commissario campano Francesco Nitto Palma ma anche contro Angelino Alfano e Denis Verdini, colpevoli, a suo dire, di proteggere i loro protetti.
«Il momento è molto delicato, tutto è aperto», confida un autorevole esponente pidiellino che sta seguendo da vicino la trattativa in via del Plebiscito. Un conclave che cerca di trovare la quadra in una situazione difficilissma, alla luce di sondaggi che lasciano presagire una drastica riduzione della compagine parlamentare uscente. E che vede, inevitabilmente, i massimi dirigenti - alla fine a Palazzo Grazioli restano soltanto Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Denis Verdini, Gianni Letta, Sandro Bondi e Niccolò Ghedini, con i telefoni staccati e le porte blindate alle tantissime richieste di udienza - assumere spesso posizioni non sempre unanimi. Tra le innumerevoli scintille e i tanti accessi di rabbia degli esclusi, due big come Enrico La Loggia e Osvaldo Napoli scelgono la linea della signorilità e del basso profilo nel commentare la loro esclusione.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.