La procura accelera: l'uomo di Bersani a processo

Chiesto il giudizio per Penati, accusato di concussione e corruzione, e altre 21 persone Nel mirino il sistema mazzette del partito. I pm: 368mila euro di finanziamenti illeciti

L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati
L'ex presidente pd della Provincia di Milano Filippo Penati

Milano - Filippo Penati va processato «quale sindaco di Sesto San Giovanni sino al 2001, quale segretario della Federazione metropolitana di Milano dei Democratici di sinistra dal 2001 al 2004, quale presidente della Provincia dal 2005 al 2009». È questo il passaggio decisivo della richiesta di rinvio a giudizio depositata ieri dai Pm di Monza Walter Mapelli e Franca Macchia nei confronti di Penati e di altri ventuno protagonisti e comprimari del sistema Sesto. Perché allarga definitivamente il focus dell'inchiesta dalle responsabilità personali di Penati come amministratore locale, ed investe in pieno il partito di cui era a Milano il leader indiscusso, l'uomo di fiducia e plenipotenziario del segretario Pier Luigi Bersani. È nella sua veste di segretario dei Ds milanesi, dice la Procura di Monza, che Filippo Penati avrebbe accettato e imposto tangenti. Ed è con i soldi rastrellati da Penati e dal suo staff che sono state finanziate le campagne elettorali dei Ds milanesi: tra cui quella per le elezioni regionali del 2010, che videro Penati soccombere davanti al governatore uscente Roberto Formigoni.
L'atto finale dell'inchiesta della Procura di Monza sulla riconversione delle gigantesche aree industriali di Sesto San Giovanni arriva atteso, ma non per questo meno virulento. Da oggi assumono la qualifica di imputati insieme a Filippo Penati una serie di personaggi magari meno noti al grande pubblico, ma che riassumono in sé i ruoli chiave del «dipartimento affari» dei Ds e poi del Pd. Come Omer degli Esposti, supermanager della cooperazione rossa, vicepresidente della Ccc (Consorzio cooperative costruzioni) di Ravenna, a cui gli imprenditori erano costretti ad assegnare i lavori. O come la coppia Francesco Agnello-Giampaolo Salami, i faccendieri legati alle coop che un po' dappertutto in Italia raccolgono consulenze e smistano varianti d'uso. O come Roberto De Santis ed Enrico Intini, gli amici di Massimo D'Alema intorno a cui - secondo un'altra inchiesta, quella di Bari - ruotava in buona parte il business della sanità pugliese.
Insomma, più che un processo a un ex sindaco somiglia dannatamente al processo a un partito e ai suoi metodi di finanziamento, quello che la procura di Monza chiede di poter celebrare. Oltre che alle accuse di concussione e corruzione per al riconversione delle aree Falck ed Ercole Marelli e per l'allargamento della tangenziale di Milano, Penati è accusato di finanziamento illecito per i soldi rastrellati tramite la sua fondazione Fare Metropoli, considerata dai pm un «mero schermo», e che ha avuto tra i sui sostenitori (per un importo a dire il vero assai modesto) anche la Bpm di Massimo Ponzellini, anche lui compreso nella richiesta di rinvio a giudizio. Complessivamente a Penati si contestano 368mila euro di finanziamenti illeciti, raggranellati «quale presidente della Provincia di Milano sino al giugno 2009, quale candidato alle elezioni del 2009 per la provincia di Milano e del 2010 per la Regione Lombardia e successivamente quale consigliere della Regione Lombardia nonché quale consigliere della Regione Lombardia nonché quale esponente del Partito democratico».
A processo la Procura di Monza chiede di mandare anche i due grandi accusatori di Penati, gli imprenditori Giuseppe Pasini e Piero Di Caterina, un tempo entrambi assai vicini al sindaco sestese, e - per loro stesa ammissione - suoi generosi foraggiatori. Di Caterina, che forse sperava di essersi conquistato l'indulgenza plenaria dei giudici a forza di riempire verbali, la prende male, «chi si assume l'onere di raccontare la verità in questo Paese corre il rischio di pagare un prezzo altissimo». Penati invece annuncia che chiederà il processo immediato, saltando il filtro dell'udienza preliminare. Una scelta forse più di immagine politica che di strategia processuale, visto che anche l'udienza preliminare si sarebbe verosimilmente conclusa col rinvio a giudizio. Ma che comunque serve a Penati per rimarcare la sua linea: non ho mai preso una lira, e sono pronto a dimostrarlo davanti a tutti in un processo pubblico.
La Procura ha stretto i tempi, anche perché per le accuse relative al periodo in cui Penati era sindaco di Sesto la prescrizione incombe, ed anzi sarebbe già scattata se le accuse di concussione fossero state derubricate in corruzione.

Resta fuori, invece, quello che per gli inquirenti è il piatto più fresco e più ricco: l'operazione Serravalle, il valzer di milioni che avrebbe accompagnato l'acquisto da parte della provincia di Milano della quota dell'autostrada per Genova in mano al costruttore Marcellino Gavio. Per questo, purtroppo per Penati, c'è tempo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica