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Telefonate tra Esposito Jr e lo 007 in prigione

Il figlio del giudice contattato dal prefetto La Motta, nei guai per fondi sottratti: voleva un incontro col padre

Telefonate tra Esposito Jr e lo 007 in prigione

Antonio Esposito replica al Giornale e dice che il bonifico ricevuto dall’Ispi a titolo di «compenso direzione centro di consulenza Sapri» aveva come reale beneficiario non lui ma la moglie, Maria Giffoni. «La som­ma di 974,56 euro, indicata nel­l’articolo - spiega in una nota ­rappresenta il compenso netto per prestazioni effettuate da mia moglie, consulente psico­pedagogica, quale direttore del Centro Ispi di consulenza alle famiglie di disabili», e «il relati­vo bonifico è stato accreditato sul conto corrente di mia mo­glie, conto cointestato ad en­trambi e sul quale confluisco­no i redditi di ciascuno ». Alla no­ta Esp­osito allega un documen­to redatto ieri da un commercia­lista che attesta la riferibilità di quella somma alla Giffoni, «le­gale rappresentante dell’Ispi», e un prospetto contabile dal quale si desume che il compen­so è relativo alla direzione del centro e ad altre attività, tra cui l’organizzazione della manife­stazione di apertura del centro.
Quella, si presume, alla quale Esposito ha partecipato come relatore, e sul cui volantino tra i contatti dell’Ispi c’era il cellula­re del magistrato.
Dopo aver rivelato d’essere contitolare di un conto con la coniuge il giudice - che annun­cia querele per «la gravissima violazione del segreto banca­rio » per la pubblicazione del­l’estratto conto dell’Ispi- defini­sce «diffamatorio» l’articolo, che pure anticipava esplicita­mente tra le ipotesi quella che il conto fosse cointestato. Nel pezzo si osservava, in questo ca­so, l’inopportunità di far conflu­ire i redditi dell’Ispi su un conto
riferibile al giudice, indicando il suo nome come beneficiario con quello della moglie. Non certo un«atto dovuto»:a specifi­ca richiesta il servizio clienti del­l’Ubi­Banco di Brescia ha rispo­sto che in caso di b­onifico a favo­re del titolare di un conto cointe­stato va indicato il solo nome dell’effettivo beneficiario. L’inopportunità è correlata a un punto sul quale il giudice di Cassazione Esposito non ha for­nito ancora nessuna precisazio­ne. Ossia il ruolo che il magistra­to r­iveste nell’associazione cul­turale/ agenzia di formazione di famiglia,per conto della qua­le a novembre dell’anno scorso ha firmato una convenzione con un istituto statale di Sapri.
Il giudice, intanto, ha chiesto
al Csm l’apertura di una «prati­ca a tutela» contro «gli attacchi subiti in queste settimane». Il Consiglio superiore dovrà dun­que occuparsi del magistrato sia per valutare eventuali puni­zioni per l’intervista al Mattino in cui commentava la sentenza di condanna a carico di Berlu­sconi sia della sua difesa dagli asseriti «attacchi» della stam­pa. E proprio ieri il Sole24Ore ha rispolverato le carte dell’in­chiesta sul prefetto Franco La Motta, arrestato a giugno scor­so per aver sottratto soldi dal fondo edifici di culto del Vimi­nale, ricordando un tentativo del prefetto di ottenere un ap­puntamento col giudice Esposi­to tramite il figlio magistrato.
Nell’ordinanza d’arresto a ca­rico­di La Motta il giudice Massi­mo Di Lauro, a proposito del ri­schio di inquinamento delle prove, riporta infatti una nota del Ros dello scorso 10 giugno, considerata esemplare delle «aderenze» vantate dal prefet­to. Si tratta della trascrizione di «due conversazioni, piuttosto ambigue, tra il Prefetto e due uo­mini, uno dei quali s’ipotizza possa identificarsi in Ferdinan­do Esposito (figlio di Antonio,
ndr ), magistrato presso la pro­cura di Milano». La Motta il 23 maggio chiama il cellulare di Esposito Jr, e la conversazione è surreale, con l’interlocutore che passa dal tu al lei in pochi istanti. La Motta: «Sono il dot­tor La Motta, non c’è?».Interlo­cutore: «Franco... sei tu?». LM: «Sì eccoci, scusami non ti avevo riconosciuto... ciao». I: «Nooo, prego... come sta dottore, be­ne? ». LM: «Eh insomma, abba­stanza bene, volevo solo farti un saluto affettuoso(...)». «Im­mediatamente dopo » La Motta chiama un cellulare intestato al Dap «senza ottenere risposta». Ma viene ri­chiamato dal­la stessa uten­za «dalla qua­le parlava tale “Ferdinan­do” », spiega­no gli investi­gatori. Va det­to, questo non è agli atti ma sul web, che la stessa utenza del­l’am­ministra­zione peniten­ziaria è ripor­tata su un an­nuncio online
del 2005 in cui un certo «fer­d inando. esposito» metteva in vendita una moto. Dopo un po’ di con­venevoli, La Motta dice a «Ferdi­nando »: «Io avevo bisogno so­lo... pigliarmi un caffé n’attimo co’ papà per notiziarlo su alcu­ne cose quando... me lo fai tu da ponte per favore?». Ferdinan­do replica: «Sì come no (...) va bene non si preoccupi e poi la chiamo».

Per il gip non ci sono elementi per«indurre anche so­lo a ipotizzar­e che il cercato con­tatto con la persona che s’ipotiz­za essere consigliere di cassa­zione sia andato a buon fine», ma le intercettazioni finiscono agli atti perché «il tenore» delle stesse e «l’immediatezza» con cui La Motta viene richiamato «la dicono lunga» sulle sue ade­renze e sulla possibilità di inqui­nare le indagini.

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