La «nebbia» evocata da Giorgio Napolitano regna fitta, nei palazzi della politica.
Talmente fitta che persino sulle presidenze di Camera e Senato, che pure andranno elette tra una settimana, non esiste ancora «neppure uno schema di gioco», come confidava ieri la presidente dei senatori Pd (e uno dei nomi forti per Palazzo Madama) Anna Finocchiaro. E nulla si chiarirà prima di lunedì, quando sono state anticipate le assemblee degli eletti del Partito democratico. Anche se un passaggio dell'intervento di ieri di Giorgio Napolitano (che ha auspicato un «clima disteso e collaborativo» per la scelta delle cariche istituzionali) è suonato come un monito al partito di maggioranza relativa. Nel quale, spiega un parlamentare vicino al Colle, circola la tentazione di «ripetere l'errore di Prodi nel 2006, quello di fare una forzatura e prendersi entrambe le Camere». E i regolamenti lo consentono: a Montecitorio il Pd ha con Sel la maggioranza assoluta, e con l'abbassamento del quorum dal terzo scrutinio può eleggere chi vuole (il nome in pole position è sempre quello di Dario Franceschini), mentre a Palazzo Madama il ballottaggio finale consente di eleggere un presidente anche con la maggioranza relativa. L'invito del Quirinale, invece, è ad allargare il più possibile l'orizzonte istituzionale, coinvolgendo anche gli altri partiti. E siccome tutti danno per scontato che Grillo resterà sull'Aventino, ed eventuali generose offerte da parte del Pd verrebbero rifiutate, gli interlocutori possibili sono solo i montiani e il Pdl.
Ma il dialogo col centrodestra, seppure auspicato da alcune anime Pd, è recisamente escluso da gran parte della maggioranza bersaniana. Con una semplice motivazione: l'elezione dei presidenti avviene prima di un eventuale incarico di governo, e Bersani non ha alcuna intenzione di depotenziare il proprio tentativo con Grillo regalando ai Cinque Stelle l'arma propagandistica dell'«inciucio». Così, anche se molti esponenti del Pd in questi giorni hanno fatto sapere a quelli del Pdl che la soluzione più ragionevole era di dividersi equamente le due postazioni (per il Senato il nome più evocato era quello di Gaetano Quagliariello), e sebbene il vice segretario Letta ieri abbia affermato che sulle presidenze «abbiamo un atteggiamento aperto nei confronti di tutte le forze presenti in Parlamento», il fronte bersaniano esclude trattative col Pdl.
Per non fare la figura di chi vuol fare cappotto, comunque, nel Pd si ragiona anche di fare un accordo limitato ai montiani, offrendo al Professore il Senato. Ma c'è un'incognita procedurale: se Pd e montiani si blindassero al ballottaggio, e Pdl e grillini decidessero di uscire dall'Aula, la mancanza di numero legale inficerebbe l'elezione? Gli uffici di Palazzo Madama stanno studiando la questione.
C'è un altro schema di gioco che si sta esaminando in casa Pd: l'idea di cedere non il Senato, ma la Camera.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.